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      Gli anziani si portarono alla piazza dei comizi pubblici e convocarono l'intera tribł:
      «Noi non sappiamo fare giustizia; se qualcuno sa dettarcela, parli franco».
      Tutti tacquero. L'intera tribł non aveva saputo sciogliere il difficile problema.
      IIIHussein allora parlņ:
      «Fratelli! La nostra tribł č ricca di tutto fuorché di leggi! Per avvicinarmi il pił possibile, nel caso concreto, alla giustizia che ignoro, decido che il raccolto, che diede luogo al litigio, sia diviso in parti uguali fra i due contendenti. Acché in avvenire i nostri giudici possano evitare anche la piccola ingiustizia da noi quest'oggi commessa, la tribł invii un suo membro a studiare l'organizzazione dei popoli che vivono da secoli nell'assetto che noi conosciamo soltanto da anni. Costoro hanno certamente leggi che regolano i diritti di chi lavora e di chi possiede».
      Tutti consentirono. Avevano capito che la tribł doveva creare la propria giustizia.
      Hussein disse ancora ai querelanti le generose parole:
      «Uno di voi due č stato oggi tradito dalla tribł che gli doveva la giustizia esatta. Non vi dolga! Forse il vostro litigio sarą ricordato con riconoscenza dai posteri».
      IVAchmed partģ. Gli anziani lo elessero a delegato della tribł, all'unanimitą. Era giovanissimo ma, per la sua etą, sorprendentemente attivo ed assennato. I profeti (nella tribł ve n'erano ancora) dicevano ch'era destinato ad aumentare il benessere e la gloria della tribł; e gli anziani, per rispetto ai profeti, agirono in modo che la profezia si avverasse.


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I racconti
di Italo Svevo
pagine 387