Poi venne il premio Nobel che a lui non capitò giammai. E in fondo gli pareva un'epoca ipocrita la nostra col suo aspetto di non domandare altro che dei grandi condottieri ed in realtà evitandoli e soffocandoli.
Con tutto ciò Vincenzo nel piccolo àmbito della sua città natale era un uomo fortunato e perciò invidiato. Tutti gli dicevano ch'era nato con la camicia ed egli non lo credeva e si sentiva pieno di rancore perché gli pareva che gli parlassero così per indurlo a credere di avere più di quanto meritasse. Egli aveva tutti i denari che potesse desiderare; i genitori non domandavano altro che di dargliene. A lui non importava. Una bella e ricca giovinetta restò ammaliata dal suo occhio bruno nel quale brillavano dei riflessi gialli ed egli consentì di farla sua. Non gl'importava tanto dell'amore ma pure si sentiva bene di tenersi accanto una persona tanto ragionevole da adorarlo. Aveva tutto il tempo vuoto tanto di doveri che poteva rimpinzarlo dei suoi sogni di imperatore. Ma gli pareva che ciò gli spettasse.
La madre che anch'essa aspettava pazientemente che da tanta larva uscisse l'utile animale atteso lo spinse a prender parte alla vita politica locale. L'ambiente era piccolo, ma si poteva sperare di riuscire ad un ambiente un po' più grande, cioè Roma... e di là... E i sogni s'animavano da quell'intenzione di fare il primo passo. E lo fece il primo passo con manifestazioni altezzose e sdegnose contro l'amministrazione locale. Fu interrotto da uno scappellotto. Ma quale scappellotto!
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Nobel Vincenzo Roma
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