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      Prometteva che non avrebbe mancato di coadiuvare suo figlio ogni qualvolta ce ne sarebbe stato bisogno. Amelia aderì volentieri. Il nuovo dottore era un uomo di media età, biondo, serio, il collo un po' piccolo per cui aveva un aspetto alquanto rigido, aumentato dall'alto solino che usava. Portava una barba bionda intera. Faceva l'impressione di una persona seria. La consegna del suo cliente al figlio avvenne da parte del vecchio dottore con una certa solennità. Egli raccontò tutta la storia della famiglia incominciando addirittura dalla caduta fatta dal Merti dalle mani della balia. Amelia sorridendo tentò d'interrompere: «Oh! quella, grazie al Cielo, non ha più importanza». Ma il dottore con voce commossa raccontò tutto quello che aveva sofferto Amelia fino alla morte di Achille. Gli occhi azzurri di Paolo si stabilivano con un aspetto evidente di ammirazione su Amelia che fece venire subito la piccola Donata. Paolo guardò e senza ciarlataneria ammirando la figurina che cominciava ad allungarsi sempre conservando una piena armonia di forme dichiarò: «Non occorre mica essere stati all'università per capire che qui c'è tutta la salute». S'informò minutamente del modo come veniva nutrita Donata e raccomandò da medico moderno di diminuirle di molto le razioni di carne. S'informò poi di Amelia. Ella stava benissimo e così egli non ebbe neppure il piacere di toccarle il polso.
      Poi ci fu una seconda visita del vecchio dottor Gherich. Raccontò come il figlio fosse un uomo già noto per certe sue pubblicazioni sulle paralisi infantili.


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I racconti
di Italo Svevo
pagine 387

   





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