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      Anzi le porse un opuscolo ch'essa poi tentò di leggere smettendo solo dopo essersi imbattuta in qualche termine tecnico. Si capiva che al dottor Gherich premeva soprattutto di conservare al figlio la clientela del milionario. Amelia stava ad ascoltare per l'affetto che nutriva pel vecchio signore ma quando egli cominciò a farle anche la biografia del figlio ella ebbe pena per costringersi ad ascoltarlo. Il vecchio signore raccontò delle virtù famigliari del figlio. Aveva sposata una ragazza dabbene che ora dava segni di perdere il bene dell'intelletto; perseguitava il marito con un odio motivato da niente. «I suoi genitori saranno stati pazzi anch'essi?». «Il solo padre» corresse il Gherich sorridendo. «Ma noi si credeva che la sua pazzia fosse derivata da una terribile caduta». «Dalle mani della balia?» domandò Amelia senz'alcuna malizia. «No! molto più tardi; dopo la nascita della figlia. Perciò lì (e il buon dottore dedicò all'avverbio un accento speciale) la caduta non ha niente a fare con la malattia». Il dottor Paolo aveva però una consolazione a questo mondo nel suo figliuolo bravo, bello e buono. E anche questo rimase impresso ad Amelia. «Se è così» essa disse «il dottor Paolo non è da compiangere».
      Il suo posto di medico in casa venne conquistato dal dottor Paolo stesso. Una domenica Donata era di malavoglia. Pianse e gridò dalla mattina alla sera. Calato il sole Amelia, praticissima nel maneggiare termometri constatò un leggero aumento di temperatura. Si telefonò per un medico a quell'ora e di festa non fu possibile averlo.


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I racconti
di Italo Svevo
pagine 387

   





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