Ed esso badava a tutti. Mandava un ammonimento a chi di troppo s'allontanava, con dei suoni molto simili a quelli che la contadina nell'altro giardino usava coi proprii pulcini. Però faceva anche dell'altro. Ad ogni tratto si piegava sui più deboli coprendoli con tutto il suo corpo, certo per comunicar loro il proprio calore.
- Questa è la madre, - pensò Curra con gioia. - L'ho trovata ed ora non la lascio più. Come m'amerà! Io sono più forte e più bello di tutti costoro. Eppoi mi sarà facile di essere obbediente perché già l'amo. Come è bella e maestosa. Io già l'amo e a lei voglio sottomettermi. L'aiuterò anche a proteggere tutti cotesti insensati.
Senza guardarlo la madre chiamò. Curra s'avvicinò credendo di essere chiamato proprio lui. La vide occupata a smovere la terra con dei colpi rapidi degli artigli poderosi, e sostò curioso di quell'opera cui egli assisteva per la prima volta. Quand'essa si fermò, un piccolo vermicello si torceva dinanzi a lei sul terreno denudato dall'erba. Ora essa chiocciava mentre i piccini a lei d'intorno non comprendevano e la guardavano estatici.
- Sciocchi! - pensò Curra. - Non intendono neppure che essa vuole che mangino quel vermicello. - E, sempre spinto dal suo entusiasmo d'obbedienza, rapido si precipitò sulla preda e l'ingoiò.
E allora - povero Curra - la madre si lanciò su lui furibonda. Non subito egli comprese, perché ebbe anche il dubbio ch'essa, che l'aveva appena trovato, volesse accarezzarlo con grande furia. Egli avrebbe accettato riconoscente tutte le carezze di cui egli non sapeva nulla, e che perciò ammetteva potessero far male.
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Curra Curra Curra
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