Pagina (96/387)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

     
      Simpatico compagno quel cane bianco, piccolo, dal pelo ricciuto. È vero che finché c'era l'avrei morso perché si faceva accarezzare dal padrone. Quando, però, andò via io mi trovai molto solo e il desiderio di riaverlo era tale che, se fosse ritornato non gli avrei più impedito di rubarmi delle carezze. Era fatto apposta per giocare. Si lasciava ribaltare senza resistenza perché aveva scoperto ch'era meno faticoso eppoi si ribaltava anche da solo inciampando sui tanti impedimenti che abbiamo in casa. Non ci era abituato agl'impedimenti perché la nostra casa è meno semplice del bosco.
      Un'altra cosa cui non era abituato era di trattenersi dallo spargere degli olezzi per la casa. Ne ricevette di nerbate! E l'imbecille non arrivava a capire di che cosa si trattasse! Bastonato perché aveva scelto a luogo di sua comodità un cantuccio della stanza s'accomodò la prossima volta nel centro. Fu peggio! Finì che non osava neppure più all'aperto quando il padrone lo vedeva. «E come fai tu?» mi domandò molto impensierito. «Se continua così, per quanto bene mi trovi con voi, dovrò fuggire perché da me è una cosa molto imperiosa». Gli spiegai che il padrone non voleva ciò nella sua tana, ma che fuori anzi gli piaceva. Non volle credermi. Un giorno avvenne che pur dovette accomodarsi all'aperto in presenza del padrone. Non poté farne a meno! Quando dovette cedere alla necessità, nell'accomodarsi allungò il collo per sorvegliare più da vicino il padrone e si tenne pronto alla fuga ciò che rappresenta uno sforzo difficile quando si è inchiodati su un posto.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

I racconti
di Italo Svevo
pagine 387