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      Poi ebbi una sorpresa gradevole e dimenticai le mie sofferenze. Non ero solo alla catena. Forse la stessa buona Anna prima di andarsene per alleviare la mia posizione aveva lasciato accanto a me una vecchia scarpa. Una scarpa odorosa. L'uomo che l'aveva usata doveva aver camminato molto. In un cantuccio della scarpa c'era un chiodino che odorava di sangue rappreso. E non finivo più di rigirare quella scarpa. Poco per volta capisco che se l'oggetto non è vivo grida e da esso risuona la vita. Vita nemica o amica? Piuttosto nemica. Quando entrano in casa delle persone con scarpe tanto odorose io le scaccio perché sono troppo dissimili dagli odori cui son uso. Mi prende l'ira e mi metto a sbranare la scarpa che resiste. Resiste come se vivesse. Non è facile scioglierne le fibre. Ma ecco che riesco a ficcare il naso in posti prima inaccessibili e subito troneggia un altro odore. Più vecchio ma non meno chiaro. Faccio la pace con la scarpa perché il nuovo odore non è nemico e cesso di sbranarla. Scherzo con essa e le dò dei colpettini che la fanno balzare allegra, allegra. Si capisce che sbranare una scarpa simile è come correre libero pei campi. Una vista si alterna con l'altra e non c'è posto alla noia.
      A un dato punto la scarpa ricevette un colpo troppo forte e cadde fuori del ristretto spazio cui la catena mi permette di accedere. È perduta per me e rientro nel dolore della schiavitù. Oh! Quando verranno a riprendermi? La scarpa olezza di nuovo da nemica, ora ch'è in salvo.
      Quando dopo molte ore la vecchia Anna venne finalmente a liberarmi io non ebbi più voglia di fermarmi alla scarpa.


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I racconti
di Italo Svevo
pagine 387

   





Anna Anna