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      Non ci ho mica colpa io se a bordo ci chiamano per turno». «Io non ho detto niente» protestò il signor Perini, «ma certo che ogni volta che mando te in Marittima non ti rivedo che passate le trentasei ore». Sul volto di Giuseppe passò un lampo breve, breve, impercettibile di malizia. Al signor Perini parve e non parve e quando guardò meglio Giuseppe lo scoperse con l'occhio scintillante d'indignazione. «E perché non viene una volta a sorprendermi in Marittima? Fa male, sa, fare il proprio dovere e vedere che si è sospettato di non averlo fatto. Perciò, solo perciò, io vorrei non lasciare mai Murano e lavorare il giorno intero nel deposito». Cimutti condì la sua risposta anche di qualche bestemmia che nel suo dolce vernacolo veneziano non risultava offensiva e si fondeva in un ossequio generale, non diretta a nessuno. Già tutti sapevano che il signor Perini non sarebbe mai più andato in Marittima con quel caldo. La battella era a posto al pontile e Cimutti, Bravin e Andrea si accinsero a caricarla. Il signor Perini stava immobile a guardare. Avrebbe voluto dire ancora qualche cosa ma non trovava; le parole di Cimutti non lo avevano offeso ma lo aveva offeso quel sorriso di scherno che aveva creduto di veder passare su quella faccia di uomo in cui l'intelligenza si era attenuata nello sviluppo dei muscoli e tenue così s'era convertita in una lieta furberia. Ma non trovò. Si grattò la testa ripensò lo stato in cui Cimutti era entrato in casa, povero, privo di un cencio e si sentì pieno di rancore per tanta sconoscenza.


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I racconti
di Italo Svevo
pagine 387

   





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