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      Ora - passata la maturità - gli sarebbe stato un grande dolore di dover abbandonare quel luogo ove la sua inerzia trovava un impiego tanto vantaggioso. Egli sorvegliava il deposito - faceva in tutto e per tutto il vantaggio della casa - e passava le giornate intere in ozio completo studiando i movimenti dell'acqua intorno all'isola, sognando che il mondo fosse quietato come era quieto lui. V'erano dei posti all'aperto dietro il deposito sull'antico grande canale di Murano ove in epoche più ricche - ma non più felici, diceva il Perini - era affluito tutto il lusso di Italia, mentre ora in pieno meriggio si sentiva battere il proprio cuore nel grande silenzio. C'era una parte dell'anno in cui il signor Perini perdeva la calma e il riposo: L'epoca dell'inventario! Bisognava smuovere tutte le balle; prendere degli operai avventizii, notare, registrare, fare conti. Ma tale breve periodo serviva per fargli sentire meglio la sua felicità quando questo periodo era passato. «È pronto?» domandò Cimutti brevemente a sua moglie. La sora Lisa alzò la testa dal mastello ove lavava della biancheria. «Maria!» disse alla figliuoletta di 12 anni al più che le stava accanto appiccicata alle gonne, «dà a papà il caffè ch'è nella tazza accanto al fuoco». La Maria si avviò un po' malsicura perché la poverina era quasi cieca e Cimutti la precedette mentre Lisa era piombata al suo lavoro. Il signor Perini la guardava con compiacenza. Come era bello veder lavorare con tanto gusto. Quella, sì, se fosse stata un uomo avrebbe dato un operaio come sarebbe piaciuto al signor Perini.


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I racconti
di Italo Svevo
pagine 387

   





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