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      Quanto tempo non si rise in quella casa di una piccola sventura toccata al povero Bortolo. Avvenne cioè che suo zénero el fravo non poté andare in fràvica perché aveva la freve. In casa c'era un'altra persona: La Nilda una ragazzina venuta da poco di campagna, un'ingenua che avrebbe dovuto cucinare ma che bisognava per ogni piatto dell'assistenza assidua della signora. E anche quella allegrava la casa colla sua ingenuità, con le sue grida di meraviglia ad ogni cosa nuova che vedeva o udiva ed ella ne trovava molte anche in quella solitudine di Serenella. Tante ne aveva trovate che nei primi giorni ne fu molto confusa. Si doveva fare un arrosto. La signora a un dato punto aggiunse dell'acqua e andandosene disse: «Ritorno subito. Intanto puoi aggiungere un po' di carbone». Quando la signora ritornò trovò nell'arrosto una quantità discreta di carbone. La Nilda coi grandi occhioni neri guardava dubbiosa la signora perché sapeva di aver obbedito ad un ordine stranissimo ma rimproverata, si scusò: «Cucinano tanto strambamente loro signori che non si può mai sapere». Non fu sgridata. L'arrosto fu salvo tuttavia e dell'ingenuità della Nilda si rise in casa, in deposito e in corte per molti giorni. Chi lavorava più di tutti in casa era la Lisa che incominciava la mattina a lustrare le camere e finiva dopo cena col lavare i piatti. Le toccava inoltre una volta alla settimana di fare il bucato. Essa non aveva tempo per far ridere la gente. Lavorava lieta ed era molto rispettosa. Così, ad onta che Cimutti non le avesse passato tutta la paga la sua casa negli anni precedenti s'era arricchita di mobili, di coperte e di utensili da cucina.


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I racconti
di Italo Svevo
pagine 387

   





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