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      Il padre ritornò rasserenato. Aveva le tasche piene di grosse monete d'argento. Si lagnava del cambio che gli avevano fatto e si sfogò in italiano con la moglie mentre pagava: «Che paese di ladri!». Eppoi: «Che ignoranza! Non conoscono le banconote della Banca Triestina!». Erano le prime parole contro la Germania che Roberto da lui avesse udite. Ammirava tanto quel paese che serenamente vi portava i proprii bimbi per farli educare. Ma quando si viene toccati nel proprio interesse il mondo cambia spesso di aspetto.
      Poi seguirono tre quarti d'ora di treno. Qui il vecchio non aveva bisogno di sforzo per ricordare quel viaggio che rifece poi tante volte. La ferrovia correva su un argine costruito a mezza costa della collina alla sinistra del Meno. Dall'altra parte del fiume c'erano delle colline che a queste somigliavano, quasi che queste si fossero riprodotte in uno specchio. Però le cime di alcune di queste finivano nella macchia bruna intensa del bosco. Poi Roberto apprese che quelle che gli parevano colline, sporgenti talvolta quasi fino al fiume, tale altra allontanandosene per delle miglia, non erano altro che dei macigni capricciosi di un unico altipiano. Tardi, molto tardi, comprese che il fiume aveva scavato il suolo e s'era costruita la sua valle, un'opera paziente di secoli. E il vecchio che ricordava, sorrise di se stesso: ogni uomo è cieco per una parte del mondo. Roberto aveva abbandonato da lunghi anni il villaggio in cui aveva soggiornato per oltre sei anni prima di vedere come era costituita quella valle ove egli era nato al sentimento e alla ragione.


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I racconti
di Italo Svevo
pagine 387

   





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