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      Ricordava la propria gioventù.
      Il vecchio parve commosso di rivederlo e ad Erlis riuscì facile di aver un aspetto simile. Si strinsero lungamente la mano e si guardarono negli occhi. L'età aveva veramente imperversato su quell'organismo altre volte tanto solido. Era piccolo e straordinariamente esile mentre anni prima era stato piuttosto forte. Aveva il viso dalla pelle asciutta e solcata e gli occhi un po' troppo umidi. La grande età è una malattia che provoca più di tutte la nostra compassione e Erlis dimenticò la quistione che tanto lo preoccupava del rapporto fra la sua merce e l'imballaggio.
      Camminarono uno accanto all'altro. Il vecchio aveva raccontato di aver avute buone notizie dal figliuolo e s'informava: «Ti sei sposato? Quanti bambini hai?» Eppoi tutt'ad un tratto un po' sardonico: «E la letteratura?» Erlis sorrise. La letteratura non gli doleva più. Raccontò con modestia voluta dei suoi affari lagnandosi di aver troppo da fare. La sua firma non portava il suo nome ed egli lo disse al vecchio che essendo stato commerciante ne capì subito l'importanza e diede un balzo. «Tu sei il proprietario di quella firma?». L'ammirazione era evidente ed Erlis l'assaporò. Così ritrovò facilmente l'antico affetto e camminarono lungamente insieme. Il vecchio si lagnò della nuora che lo aveva allontanato dal suo figliuolo. Viveva ora solo della piccola pensione che i suoi antichi principali gli avevano assegnata. Il figliuolo lo aiutava abbondantemente.
      Si era di festa ma tuttavia Erlis fu fermato sulla via da amici d'affari.


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I racconti
di Italo Svevo
pagine 387

   





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