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      E adesso ho da pregare di più ancora, per te e per il nostro figliuolo che non vuole pregare».
      Egli scherzò: «Perciò il lunedì quasi sempre ho male di testa. Ricordi la domenica a Dio la mia esistenza ed egli si ricorda di mandarmi la punizione che merito».
      Essa non protestò ma girò ancora una volta la vite dell'elettricità per avere maggior luce.
      Ed egli volle dimostrarle che anche lui, a modo suo, aveva pensato a lei: era per lei ch'egli costantemente si preparava alla morte. Era presumibile ch'egli l'avrebbe preceduta. Doveva servirle d'esempio. Non sempre la religione serviva a dare coraggio. E le raccontò del grande poeta spagnuolo, l'uomo più religioso che mai avesse maneggiata la penna, come per morire avesse pianto e pregato per interi otto giorni e avesse convertito in altrettante cappelle tutte le stanze del suo palazzo. E non mica per morire tranquillo ma tentando di mutare il destino e continuare a vivere. Perciò anche al religioso occorre l'esempio del coraggio e della rassegnazione. E alla prova per quel momento egli s'era sempre dedicato, ogni giorno.
      E quando essa si sorprese all'apprendere ch'egli anche nella salute più perfetta avesse pensato alla morte, egli esclamò: «Ma se è proprio quello il momento di pensare alla morte». Perché il pensiero alla morte dev'essere quello dell'uomo sano. Vivo e forte doveva essere quel pensiero. Non malato. E si confessò ancora. Bisognava dire di cose importanti ed egli pur di distrarla denudò l'animo suo e proprio quella parte che anche accanto a lei aveva tenuta celata per sì lungo tempo: «Strano, nevvero? che io ti sia apparso tanto lieto sempre e che pure di sotto a quella lietezza ci sia stato sempre il pensiero della morte.


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I racconti
di Italo Svevo
pagine 387

   





Dio