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      Domandò: «Vuoi che chiami il dottore?».
      Egli allora parlò e fu una cosa pietosa ma ch'essa non intese che più tardi, ricordandola. La parola mentre l'orrendo dolore imperversava sul suo corpo, era quella dettata dal suo proposito eroico. Stava morta accanto al dolore vivo, attivo ch'egli si forzava di lasciar imperversare su di lui senz'ascoltarlo. «Perché vuoi perdere quest'ultimo breve lasso di tempo che ci è lasciato?» Ci fu una pausa dovuta ad uno sberleffo violento imposto dal dolore e che s'estese dalla faccia a tutto il corpo. Essa, intanto, solo per fare qualche cosa che fosse più assennata del grande dolore e anche di quelle parole gli coperse le gambe con una coperta e subito ne cercò un'altra per coprirgli il busto. «Avrai preso freddo» mormorò «quando eri coperto di tanto sudore.» «Il caldo o il freddo non hanno importanza» disse egli. «La morte ha importanza, la morte tanto vicina. Ed è il momento di ricordare la vita, la vita ch'io voglio continui per te dolce e serena, come se io non ci fossi mai stato. E come ho da fare?» Girò l'occhio vago come se avesse cercato di ricordare ma anche quello sforzo era interrotto dallo sberleffo cui era costretto. «Non pensai tutto quando questo dolore non c'era e feci male. Ma so ancora dirti che anche tutto ciò non ha importanza, questo... che doveva avvenire o prima o poi.»
      Quale tortura! Teresa corse al campanello.
      «Perché? Perché?» disse lui ancora. «Resta tranquilla con me a guardarmi e ad apprendere.»
      Si adagiò sullo schienale della poltrona.


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I racconti
di Italo Svevo
pagine 387