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      Ma adesso gli pareva ingiusto di dover sottostare a quegl'impegni non suoi. Se il Reveni, notoriamente un buon uomo, accettava di addossarsene almeno temporariamente una parte il suo destino si mitigava. Il Maier non ricordava di aver rifiutate delle proposte simili. Ricordava (e con grande chiarezza) di aver firmato quel contratto anche quello (così gli sembrava) una prova di fiducia nell'umanità, non ricordando che la prima idea di contrarlo gli era venuta dal desiderio di aumentare i suoi benefici.
      Se il destino voleva favorirlo certo sarebbe stato il Reveni non invitato da lui che gli avrebbe proposto il soccorso. Questo egli aspettava dal destino. Allora appena egli avrebbe potuto svelare il suo progetto di organizzazione intorno a lui che avrebbe potuto essere accettato dal Reveni qualora costui si fosse trovato nello stato d'animo che accettava di addossarsi un rischio simile. Al Maier pareva che il rischio non ci fosse. Egli domandava in complesso un credito a lunga scadenza e sapeva di meritarlo. Sebbene vecchio egli era tuttavia laborioso e per quella sola volta che s'era lasciato truffare egli poteva citare centinaia di casi nei quali alla truffa s'era sottratto. Perciò con lui un rischio non c'era.
      Salì le scale di casa Reveni posta al centro della città e dal momento che il cameriere gli aperse la porta egli non sentì nel proprio animo che invidia. Anche lui per il momento aveva gli arazzi nell'anticamera vasta e addobbata e anche quello stanzino foderato di tappeti in cui il Reveni e la moglie lo aspettavano per offrirgli una tazzina di caffè. Ma per poco tempo.


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I racconti
di Italo Svevo
pagine 387

   





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