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      La sua povera moglie era già in cerca di un quartierino molto più piccolo e molto più povero. Qui tutto aveva ancora l'apparenza solida e sicura della casa ch'esiste da lungo tempo e per lungo tempo esisterà. Da lui invece tutto si preparava a volare in aria. Tutto era al suo posto meno i gioielli della moglie ma pareva che tutti gli oggetti stessero prendendo lo slancio per correre via.
      Il Reveni era un uomo più grosso di lui e anche più bianco benché avesse la sua stessa età. Così seduto nel suo grande seggiolone di fronte a lui che sedeva su un seggiolone della stessa grandezza ma timidamente in cima dello stesso a lui sembrò formidabile quell'uomo che aveva accumulato, accumulato e non s'era lasciato trascinare a firmare l'atto da cui egli era stato rovinato.
      La signora Reveni servì il caffè. Era una signora che anche in casa vestiva con un certo sfarzo tutta merletti in un abito di mattina, delizioso se avesse adornato una persona più bella e più giovine.
      Il Maier cominciò a sorseggiare il caffè pensando: "Ci lascerà soli costei?".
      Parve che la signora sentisse subito il bisogno di prevenirlo che soli non li avrebbe lasciati.
      Gli disse che il suo Giovanni da alcuni giorni non stava bene e che passava tutto il pomeriggio in casa assistito da lei.
      Al Maier parve strano che un uomo che pareva sano e che s'era levato allora da colazione potesse aver bisogno non solo di restare in casa ma di essere sorvegliato continuamente dalla moglie. Credette di dover dedurne che fra il Reveni e la moglie si fosse già stabilito di non concedergli alcun aiuto.


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I racconti
di Italo Svevo
pagine 387

   





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