L'aveva fatto a fin di bene; era meglio l'avesse lui che un altro.
Io ero indignato. Vedevo davanti a me tutta la storia delle mie relazioni col padre e figlio Olivi. Tanti anni si era restati alle condizioni stabilite da mio padre. Se si cambiavano ecco ch'io sarei stato libero di allontanare dall'ufficio l'Olivi e mettermi io a capo della mia ditta. Ma giusto ora avevo qualche esitazione. Era tanto lontano quel giorno in cui liberato da ogni catena della guerra m'ero gettato impetuosamente negli affari. Con astuzia diabolica l'Olivi era riuscito a convincere tutti della mia insufficienza. Aveva convinto anche me. Io mi vedevo assediato da persone che m'avrebbero chieste delle istruzioni di cui non potevo che dire: Rivolgetevi all'Olivi!
Ma non era vero che mio genero Valentino avesse fatto bene d'incaricarsi lui di quella missiva. Prima di tutto io sapevo ch'egli stimava moltissimo l'Olivi e pochissimo me. Lui era procuratore di un grande istituto d'assicurazioni e aveva tentato con me di stabilire una polizza generale per tutti i nostri trasporti. S'accorse a un dato punto che con me esitante (mal diretto dall'Olivi stesso) non sarebbe venuto a capo di nulla e finì col rivolgersi all'Olivi con cui in due e due quattro la polizza generale fu firmata e - a dire il vero - a condizioni per noi più vantaggiose di quelle ch'io mai mi sarei sognato di raggiungere. Valentino si scusava poi con me dicendo: «Ma tu non m'avevi spiegato questo o quell'altro...». È certo ch'egli concesse all'Olivi delle condizioni migliori di quelle che aveva offerto a me e finì - ciò ch'era peggio di tutto - col concepire una grande stima per l'Olivi.
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