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      Infatti era piccolo. Poteva diventare maggiore se ci fossero state delle perdite perché allora oltre alle perdite avrei dovuto anche sopportare la spesa dell'onorario dell'Olivi visto che nel nuovo contratto l'Olivi veniva esonerato da perdite perché riteneva che colui che rappresentava il lavoro nell'associazione non poteva vedersi sminuita la retribuzione. Era insomma quello che si dice un contratto ben fatto... dal punto di vista dell'Olivi. Posso anche dire subito che se il nuovo contratto fortemente avvantaggiò l'Olivi non posso dire adesso dopo sette anni di prove di essere stato molto danneggiato altrimenti che nella salute come dirò. Certi anni i bilanci furono splendidi e la maggiore difficoltà fu di ingannare l'agente delle imposte. Altri anni furono poco lauti, ma di perdite non ce ne furono giammai. In fondo l'Olivi trattava i miei affari come faceva suo padre solo che è retribuito meglio del vecchio, un vero segno dei tempi.
      Io, quel primo giorno dopo di aver sofferto il freddo e lo sconforto della mattina restai in casa. Non avevo ancora il progetto di non rivedere più il mio ufficio. Credevo di essere là a riflettere come per salvaguardare la mia dignità avrei ricevuto Valentino che alla sera certamente sarebbe venuto da me. Invece non ci pensai affatto. Io non so dirigere la mia attenzione dove voglio. Essa è veramente indipendente da me. Ricordo che tutto il giorno nelle ore in cui restai solo rimasi fisso a guardare se alla mattina non avrei dovuto subito accettare la proposta dell'Olivi oppure se forse non avrei fatto meglio di mandarlo a quel paese e di assumere la direzione dei miei affari.


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I racconti
di Italo Svevo
pagine 387

   





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