Ed è proprio vero ch'io più intensamente rivolgo il mio pensiero al passato come per correggerlo - anzi un evidente tentativo di falsarlo - piuttosto che all'avvenire su cui il pensiero non sa come adagiarsi non vedendone chiaro il piano che non è ancora formato.
E così quando finalmente capitò il povero Valentino io non seppi far altro che subito allontanarlo (io quando guardo una montagna aspetto sempre che si converta in vulcano) dichiarandogli che io poco prima avevo visto l'Olivi e che m'ero messo d'accordo con lui. Valentino parve dubbioso e confuso. Mi guardava fisso indagando con quel suo occhio che - purtroppo per lui - non conosceva la serietà. Poi disse anche il suo dubbio: Aveva visto l'Olivi alle sei di quello stesso pomeriggio ed ora si era alle otto. Non vedeva dunque dove io avessi potuto vedere l'Olivi e discutere con lui di un affare di simile importanza.
A me spiace molto di dire delle bugie e di esservi costretto era un nuovo motivo per me di rancore per il povero Valentino. E veramente vi ero costretto dal momento che avevo detto la prima bugia. Ma perché Valentino era tanto insistente? Più tardi - quando morì - compresi e scusai. Egli era fatto così e non sapeva abbandonare un affare che quando l'aveva compreso a fondo ciò che domandava uno spazio di tempo non tanto piccolo perché egli pensava lentamente e con grande esattezza.
Gli spiegai che m'ero imbattuto nell'Olivi per caso sulla via e che in due parole fummo d'accordo. L'affare non aveva una grande importanza.
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