Mi conosceva da tanti anni, ma non gli parve di avermi mai visto tanto irragionevole. Mi scrutò per accertarsi che non scherzavo. A tale certezza non arrivò ma - infine - che gl'importava? Se si arrivava alla conclusione dell'affare magari in seguito ad un mio accesso di pazzia non aspettava a lui di esitare. Mormorò riflettendo: «Sono stato io che incaricai il signor Valentino. Mi pareva fosse l'uomo più adatto per tali trattative: È un vecchio amico mio ed è un suo figliuolo». E mormorò ancora: «Si può fare questo. Io ho visto Valentino alle sei e posso benissimo aver incontrato lei alle sette». Così si raccolgono le persone dal pensiero troppo lento: Parlando ad alta voce. E disse ancora una cosa stranissima: «Adesso che sento che Valentino non è suo figliuolo...».
Io protestai: «È il mio figliuolo ma non voglio avere l'aspetto di un uomo che si lascia dirigere dai proprii figliuoli». Dissi subito risolutamente così ma il lapsus strano dell'Olivi mi rese pesante il cuore. Non stavo commettendo io un'azione meno delicata verso mio genero che non aveva mai mancato di ogni riguardo verso di me, e perciò anche verso mia figlia Antonia?
Questo dubbio m'accompagnò per lungo tempo e rese più dura la mia posizione tanto disgraziata dopo di aver firmato quel contratto che mi privava di ogni attività e anche di non poco denaro. Talvolta per riacquistare la mia serenità me la presi col povero Valentino il cui intervento m'aveva costretto a dare il mio consenso al contratto con tanta precipitazione.
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