Pagina (243/387)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Credevo di poter fare quel rimprovero in piena coscienza perché io sapevo anzi che la causa della sua firma precipitosa era stato proprio lui. Ma egli si offese: Non mi andava ch'egli m'aveva proposto di discutere il contratto clausola per clausola e che quando l'aveva proposto aveva trovato ch'io già avevo accettato tutta la proposta dell'Olivi come se fosse stata una ed inscindibile. Proprio così egli disse.
      Io tentai di non ricordare ma non fu possibile perché c'erano dei testimoni e dovetti ritirarmi sconfitto una volta di più.
      Ci fu un'altra cosa che per qualche giorno aggravò la mia posizione. Mio figlio Alfio, il pittore, ebbe per breve tempo dei dubbi sulla possibilità della sua strana pittura e si guardò d'attorno alla ricerca di un'altra occupazione. Fra altre cose pensò di dedicarsi al commercio, di mettersi in società con l'Olivi. Ma si trovò che nel contratto c'era una clausola che glielo proibiva. «In fondo» brontolò Alfio che non brilla per essere molto riguardoso «questa era un'eredità del nonno e non bisognava lasciarla toccare».
      Io allora passai qualche giorno a studiare quali concessioni avrei potuto offrire all'Olivi per ottenere il permesso per Alfio di collaborare nel suo ufficio. Pensavo di comperare tale permesso con una ingente somma di denaro. Ma intanto Alfio non ci pensava già più ed era ritornato a sporcare con la sua tempera innumerevoli fogli di carta. Io tuttavia mi sentivo suo debitore, ciò che mi rese anche più riguardoso nelle mie già difficili relazioni con lui.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

I racconti
di Italo Svevo
pagine 387

   





Olivi Alfio Olivi Alfio Olivi Alfio Alfio