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      Poi egli se ne anḍ col suo passo molle.
      Ritornato al dipinto, pensai: "M'ha truffato. Mi diede il peggiore dei suoi lavori". Non è mica un brutto sentimento quello di scoprire nel proprio figliolo un abile commerciante. Mi rassegnai.
      Dapprima fu una cosa spiacevole avere dinanzi agli occhi quello sgorbio. Prima di averlo veduto avevo pregato Alfio di appenderlo in modo ch'io potessi scorgerlo quand'ero seduto al mio tavolo. In questo Alfio fu abilissimo. Non soltanto lo vedevo quando era seduto, ma anche quando mi sedevo per leggere con la lampada dietro alla schiena ed anche quando mi sdraiavo sul sofà per riposare se non m'adattavo a posare sul fianco sinistro - cị che non sopporto come non lo sopportava mio padre - e mettere il naso contro il muro. Ma anche allora sentivo la presenza del mostricciatolo in camera.
      Davanti a quel dipinto arrivai alla convinzione che nella nostra famiglia (composta da me, mio padre e mio figlio) io ero proprio un'eccezione per il mio equilibrio assennato.
      Il quadro non si poteva rimuovere senza correre il pericolo di disgustare di nuovo Alfio. Venne la cornice e il quadro rimase al suo posto per quanto io avessi timidamente proposto di spostarlo per farlo fruire di una luce migliore. Alfio, con aria di competenza, dichiaṛ che apparteneva proprio a quel posto. Lo guarḍ ancora una volta con affetto ammirandolo nell'isolamento in cui lo metteva la cornice e usć.
      Certo, la cornice era come un commento. Io credo che qualunque cosa quando si circonda di cornice acquista un nuovo valore.


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I racconti
di Italo Svevo
pagine 387

   





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