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      Invece quelle buone monache non ne vollero sapere e ci aiutarono efficacemente a dissuadere Antonia da un passo simile. Adesso che scrivo scopro che forse esse avevano indovinato Antonia e avevano scoperto ch'essa sarebbe stata nel convento la stessa seccatura ch'č proprio in casa nostra.
      In fondo da giovinetta era la nostra gioia, una gioia aumentata da ammirazione per tanta purezza e, da parte mia, un sorriso di sorpresa al vedere il prodotto strano che dal mio sangue aveva saputo evolversi.
      Antonia reagė con tutta decisione ai costumi liberi concessi alle nostre signorine nel dopo guerra. Non solo non volle il ballo, ma non uscė di casa sola. Doveva essere sempre accompagnata dalla madre o da una fantesca, ciō che costituiva in casa tutto un problema per la distribuzione di tanto lavoro di sorveglianza cui ella volle condannarci. Talvolta dovetti anch'io uscire di casa tardi per andarla ad accompagnare o a prendere. Insomma essa era come una piccola balla di merci che aveva bisogno dello speditore per moversi.
      E sapeva difendere questa sua schiavitų elettiva come Alfio la sua pittura. Quando parlava delle altre fanciulle era maligna come una vecchia disillusa e, sentendola, si arrivava a dimenticare il suo musettino fresco e i suoi occhi brillanti di giovinezza.
      Ma questo desiderio di sentirsi posta in uno scrigno sigillato, dimostrava ch'essa si considerava qualche cosa di prezioso, un gioiello. Infatti dedicava delle grandi cure all'adornamento della propria personcina e i suoi vestiti costituirono una spesa abbastanza importante nel nostro bilancio familiare.


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I racconti
di Italo Svevo
pagine 387

   





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