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      Ma la serenità - fatta di rassegnazione e curiosità sempre viva - arriva a tutti ed io cammino accanto ad Umbertino molto simile a lui. Procediamo benissimo insieme. Il suo debole piede gl'impedisce di trovar troppo lento il mio passo ed io resto associato a lui dalla debolezza dei miei polmoni. Lui è sereno perché la macchina lo diverte, io poi, non perché pensi ch'essa non possa più farmi male perché la morte prossima me ne libererà - in verità la morte finora non è che fuori di me, ravvicinata talvolta da un ragionamento, - ma perché io alla macchina sono oramai tanto abituato che mi spavento quando talvolta penso che la gente possa essere migliore di quanto io abbia sempre pensato o la vita più seria di quanto mi sia sempre apparsa. Il sangue mi sale alla testa come se stessi per ribaltarmi.
      Povero Umbertino! Gl'improvvisi spaventi interrompono la sua gioia e la sua curiosità. È celebre in famiglia una manifestazione sua di tale spavento, di anni fa. Tarda sempre ad addormentarsi nell'oscurità e sua madre un giorno volle convincerlo che non c'era ragione di spaventarsi perché i leoni non vivono nel nostro clima eppoi perché in casa le porte e le finestre sono chiuse ermeticamente. Ma lui dichiarò che aveva paura degli uomini che passano per le fussure (fessure). Era una grande scoperta quella che le porte e le finestre non sono mai chiuse abbastanza per impedire l'ingresso al pericolo.
      Talvolta esagera persino i mali di questo mondo. Una volta gli furono regalate delle scarpine nuove, molto lucide, adornate da una fibbia.


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I racconti
di Italo Svevo
pagine 387

   





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