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      Ma così, con facilità apprese quella frase incauta del Bigioni.
      E non gliela perdonò. Il Bigioni non fu più considerato l'amico di Valentino ma il suo nemico epperciò anche il nemico di lei, della superstite moglie. Essa me lo disse la mattina appresso. Interruppe il suo lungo pianto fra le mie braccia urlando: «E questa mia sventura enorme, la maggiore che sia mai toccata ad una donna viene aumentata da offese d'ogni genere». E mi raccontò quanto le era stato riferito abbastanza esattamente da Umbertino.
      La sua frase condensava molte esagerazioni. Offese d'ogni genere? Non c'era stata da parte del povero Bigioni che una offesa sola: Quella di proporle così subito il matrimonio. Lasciamo andare quell'altra esagerazione di qualificare la sua sventura quale la massima che sia mai toccata ad una donna. Bisogna permettere a qualunque dolorante la soddisfazione, diciamo pure la gioia, di esaltare il proprio dolore. Anche quando lessi una frase simile di Giobbe io ammirai quel grido quale un grido di superba gioia.
      Adesso io m'aspettava che il povero Bigioni sarebbe stato gettato fuori di casa a furia di calci. Non avvenne nulla di simile. Era il nemico ma era stato anche l'amico del povero Valentino, perciò bisognava rispettarlo. Tutto quello che aveva avuto una qualunque relazione con lui restò immoto in casa e perciò anche Bigioni che fumava con me, assisteva Alfio nella pittura, Carlo nella medicina, Augusta nella cura delle bestie. Gli era anche concesso di parlare di Valentino con Antonietta ma di nient'altro e non gli era concesso di occuparsi troppo di Umbertino.


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I racconti
di Italo Svevo
pagine 387

   





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