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      Insomma si capiva che Renata non desiderava noi vedessimo la sua casa e dovemmo rassegnarci e partire senz'averla vista.
      Domandai a Fortunato come egli avesse fatta la conoscenza della madre di Renata. Il falsone mi rispose che loro di quei villaggi si conoscevano l'un l'altro come se avessero abitato la stessa città. E invece, poco dopo, fu noto a tutti che lui e Renata facevano all'amore.
      Dapprima la cosa ci dispiacque. Ci pareva che implicasse una diminuzione di dignità per Renata. Fortunato era diventato chaffeur da poco tempo, dopo la morte del povero Hydran un magnifico cavallo fattosi bolso due anni dopo ch'era stato comperato e che, per una falsa bontà, avevamo lasciato esaurirsi fino all'ultimo. Poi, per la grande impressione che ci aveva lasciato la sua morte, non volemmo più saperne di cavalli e per il nostro grande affetto per un cavallo rifiutammo ogni contatto con la razza ch'ebbe tanta pazienza con l'uomo finché l'uomo frettoloso non ne ebbe più con essa.
      Così Fortunato da cocchiere dopo una lunga istruzione che mi lasciò per varii mesi senza carrozza e senz'automobile, assurse alla dignità di chauffeur. Era lento nell'intendere le cose ma quando le aveva intese non le dimenticava più. Dapprima non si arrivava mai alla mèta, mentre ora si va prestino talvolta anche troppo perché dopo ogni gita un po' lunga, mi vengono imposte da tutte le parti delle multe. Fortunato asserisce che non c'è modo di accontentare le guardie per le quali pare che la multa sia un cespite di rendita.


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I racconti
di Italo Svevo
pagine 387

   





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