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      Come mi fai schifo!».
      Un giorno in cui come al solito parlavo di medicina con Carlo, egli mi disse: «A te occorrerebbe una fanciulla affetta di gerontomania». Chissà? Non lo confessai a Carlo ma forse io la fanciulla l'avevo già trovata una volta eppoi perduta. Solamente non credo che Felicita sia stata una sincera gerontomane. Mi prendeva troppi denari perché si possa credere che proprio m'amasse come sono.
      Fu certo la donna più costosa ch'io avessi conosciuta in tutta la mia vita. Studiava con serenità, con quei suoi begli occhi sereni, spesso socchiusi per scrutare meglio, fino a che punto io mi sarei lasciato saccheggiare. Dapprima e per lungo tempo s'accontentò esattamente del mensile perché io, non ancora reso suo dal bisogno dell'abitudine, accennavo a rifiutarmi a spese maggiori. Tentò più volte di mettermi la mano in tasca e la ritrasse per non esporsi al rischio di perdermi. Ma poi, una volta le riuscì. Ebbe da me il prezzo di una pelliccia abbastanza costosa che poi mai vidi. Un'altra volta si fece pagare tutto un vestito, un modello di Parigi e me lo fece poi vedere. Ma, per cieco ch'io fossi, i suoi vestiti variopinti non si dimenticavano, e scopersi di averle già veduto indosso quel vestito. Era una donna economa e simulava il capriccio solo perché pensava che un uomo intende più facilmente il capriccio che l'avarizia di una donna. Ed ecco come contro il mio volere la relazione ebbe fine.
      Io avevo la facoltà di andare da lei due volte alla settimana ad ore precise.


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I racconti
di Italo Svevo
pagine 387

   





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