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      E quando ebbi contate le banconote gliele consegnai. Così tutto fu fatto mentre io credevo di movermi per guadagnare tempo. E pensai: "Intanto pago eppoi ci penserò".
      Ma il fratello di Felicita non ci pensò più tant'è vero che il suo occhio cessò di fissarmi e perdette ogni intensità. Mise i denari in altra tasca di quella in cui aveva cacciato le centosessanta lire. Teneva i conti e i denari separati. Mi salutò: «Buona sera, signore» e uscì. Ma subito ritornò perché aveva dimenticato su una sedia ove l'aveva posto un altro pacchetto simile a quello che aveva consegnato a me. Per scusarsi d'essere ritornato mi disse: «Sono altre cento scatoline di sport che devo portare ad un altro signore».
      Certo erano per il povero Misceli che neppur lui poteva soffrire quelle sigarette. Io però fumai tutte quelle sigarette meno qualche scatolina che regalai al mio chauffeur, Fortunato. Quando ho pagato qualche cosa prima o poi finisco col consumarla. È una prova del senso d'economia ch'è in me. Ed ogni volta che avevo quel sapore di paglia in bocca ricordavo più vivamente Felicita e suo fratello. A forza di pensarci seppi ricordare con piena sicurezza ch'io infatti non avevo pagato i mensili che dovevo anticipatamente. Dopo di aver pensato d'essere stato truffato di molto fu un sollievo per me di scoprire che m'avevano fatto pagare solo per venti giorni in più.
      Io credo poi ch'io sia ritornato ancora una volta da Felicita, prima che trascorressero i venti giorni per cui avevo pagato, solo per quel mio sullodato senso di economia che m'aveva fatto ingoiare anche le sport.


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I racconti
di Italo Svevo
pagine 387

   





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