Descriverò dunque il presente e quella parte del passato che ancora non svanì, non per serbarne memoria ma per raccogliermi. Se l'avessi fatto sempre sarei stato meno stupito e sconvolto da quell'incontro in piazza Goldoni. A quella fanciulla non avrei semplicemente guardato come può colui cui il Signore Iddio conservò la vista. Da capo a piedi.
Io non mi sento vecchio ma ho il sentimento di essere arrugginito. Devo pensare e scrivere per sentirmi vivo perché la vita che faccio fra tanta virtù che ho e che mi viene attribuita e tanti affetti e doveri che mi legano e paralizzano, mi priva di ogni libertà. Io vivo con la stessa inerzia con cui si muore. E voglio scuotermi, destarmi. Forse mi farò anche più virtuoso e affettuoso. Appassionatamente virtuoso magari ma sarà virtù veramente mia e non esattamente quella predicata dagli altri che quando l'ho indossata m'opprime invece di vestirmi. O smetterò cotesto vestito o lo saprò foggiare per il mio dosso.
Perciò lo scrivere sarà per me una misura di igiene cui attenderò ogni sera poco prima di prendere il purgante. E spero che le mie carte conterranno anche le parole che usualmente non dico, perché solo allora la cura sarà riuscita.
Un'altra volta io scrissi con lo stesso proposito di essere sincero che anche allora si trattava di una pratica di igiene perché quell'esercizio doveva prepararmi ad una cura psicanalitica. La cura non riuscì, ma le carte restarono. Come sono preziose! Mi pare di non aver vissuto altro che quella parte di vita che descrissi.
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Goldoni Signore Iddio
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