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      Ieri le rilessi. Purtroppo non vi trovai la vecchia Dondi (Emma, sì, Emma), ma tante altre cose vi scopersi. Anche un avvenimento importante che non vi è raccontato ma che viene ricordato da uno spazio rimasto vuoto in cui naturalmente s'inserisce. Lo registrerei subito se ora non lo avessi dimenticato. Ma non va perduto perché rileggendo quelle carte certamente lo ritroverò. Ed esse sono là, sempre a mia disposizione, sottratte ad ogni disordine. Il tempo vi è cristallizzato e lo si ritrova se si sa aprire la pagina che occorre. Come in un orario ferroviario.
      È certo ch'io feci tutto quello che vi è raccontato, ma leggendone, mi sembra più importante della mia vita che io credo sia stata lunga e vuota. Si capisce che quando si scrive della vita la si rappresenti più seria di quanto non sia. La vita stessa è diluita e perciò offuscata da troppe cose che nella sua descrizione non vengono menzionate. Non vi si parla del respiro finché non diventa affanno e neppure di tante vacanze, i pasti e il sonno, finché per una causa tragica non vengano a mancare. E invece nella realtà ricorrono insieme a tante altre tali attività, con la regolarità del pendolo e occupano imperiose tanta parte della nostra giornata che non vi resta posto per piangere e ridere eccessivamente. Già per questa ragione la descrizione della vita, una grande parte della quale, quella di cui tutti sanno e non parlano, è eliminata, si fa tanto più intensa della vita stessa.
      Insomma, raccontandola, la vita si idealizza ed io m'accingo ad affrontare tale compito una seconda volta, tremando come se accostassi una cosa sacra.


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I racconti
di Italo Svevo
pagine 387

   





Dondi Emma Emma