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      Del mio studio comodo e bello rinnovato da Augusta parecchie volte nel corso degli anni con grave mio disturbo ma senza portarci delle grandi novità, poco ho da dire. È circa quale era subito dopo il nostro matrimonio ed io già una volta lo descrissi. Da poco c'è una novità per me veramente penosa. È scomparso da pochi giorni dal suo posto il mio violino ed anche il leggìo. È vero che così fu conquistato al grammofono il posto che gli occorreva per espandere più vigorosa la sua voce. Acquistai il grammofono un anno fa e costò parecchio come costano molto anche i dischi che continuamente acquisto. Io non rimpiango la spesa ma avrei voluto lasciare il suo posto al violino. Non lo toccavo da quasi due anni. S'era fatto nelle mie mani oltre che aritmico anche malsicuro e la mia cavata pareva diminuisse. Ma amavo vederlo lì al suo posto in attesa di tempi migliori mentre Augusta non comprendeva perché dovesse ingombrare la mia stanza. Essa certe cose non intende, né io so spiegargliele. Finì che essa un giorno spinta dalla sua mania di fare ordine lo allontanò assicurandomi che se lo avessi domandato essa in pochi istanti me l'avrebbe fatto riavere. Ma è sicuro ch'io non lo domanderò giammai mentre non è altrettanto sicuro che se fosse rimasto al suo posto io un bel giorno non l'avrei ripreso in mano. È di tutt'altra natura la decisione che ora occorre. Devo cominciare dal pregare Augusta di riportarlo prendendo l'impegno di suonarlo non appena lo abbia riavuto. Ma io di tali impegni a lunga scadenza non so prenderne.


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I racconti
di Italo Svevo
pagine 387

   





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