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cose in cui si mettono, ed oltre di essere stato uno storico insigne, un critico sottile, un profondo canonista, un dotto apologista, fu eziandio un grazioso e facetissimo poeta in vernacolo. Fra le tante sue poesie è rimasto popolarissimo uno scherzo, che egli compose verso il 1820, o giù di 11, sul Capitolo Aprutino di cui egli faceva parte; anzi alcuni versi si odono tuttora dalle bocche del nostro popolo.
Eccone il principio. Fingeva che una vecchia bizzoca parlasse ad una sua comare.
Q.uanne stinghe sóla sóle E che nne mme vete hóme,
O U o U O*
Me ne vàche su lu Dòme
O o o u
Lf canungce a gguardà. 'Dimme tu, sora mi care
Dimme tu, s' aj' arraggióne, ecc.
E quindi facendo la rassegna dei canonici in coro per ordine d'anzianità, quando giungeva all'autore dello scherzo, soggiungeva :
Pù se ne ve, Madonna scambgce, 'Llu grassóne brutte brutte, Cullù pù lu cchiù de tutte Andepàteche mme sta. E' de Gamble, e tant'abbaste ! Che ppò esscj ? nu cucciane ecc.
Viene secondo il signor Pietro Marcozzi, morto un qua-rant'anni fa. Pare che egli poco coltivasse la musa vernacola, ma dal saggio che ne darò, si vedrà che fece male, perché ebbe molta vena poetica. È un sonetto che egli scrisse nel 1816 quando apparve in ciclo una cometa di straordinaria grandezza, e che perciò nel volgo destò timori grandissimi; timori che pur troppo si videro verificati nell'anno seguente 1817, anno nefasto per noi, e di grandissima penuria e mortalità. Eccolo: