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La grammatica ed il lessico del dialetto teramano.
Due saggi
Giuseppe Savini
Ermanno Loescher Torino, 1881, pagine 207

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   E la stessa grafia dialettale non mi sembra molto corrispondente alla vera nostra pronunzia ; e neppure la commedia (che avrebbe potuto dirsi piuttosto farsa) in sé è gran cosa ; anzi manca di un vero intreccio, e poggia tutto su due dei soliti equivoci, i quali non sono nemmeno ben combinati fra loro.
   Checché sia di tutto ciò, pare che il Delfico si preoccupasse, più che di altro, di ritrarre fedelmente i costumi e la fraseologia Teramana, ed in questo è riuscito bene, sicché la sua commedia mi è stata di un discreto aiuto nella compilazione del Saggio di Lessico, in cui il lettore la troverà citata.
   Fino a ieri, si può dire, il manoscritto di questa commedia si credeva perduto, ma in questi giorni fu ritrovato da colui che l'aveva ricevuto in dono dallo stesso autore, il signor Ferdinando Massei. Alla cortesia di quel venerando mio amico che mi lasciò leggere, ritenere e studiare a comodo mio quel prezioso manoscritto, rendo qui pubbliche e vive grazie.
   Ultimo, per ordine di tempo, ma torse il primo per merito, degli scrittori in vernacolo, fu il rimpianto Federico Pensa. Nacque egli col dono dalla natura di una vena poetica così festiva, che non si smentì mai, neppure in mezzo alle traversie delle persecuzioni politiche. Ei compose moltissime poesie in dialetto, in cui la spontaneità, il buon umore, la proprietà dialettale furono sempre eguali. Non so se i suoi manoscritti si conservino ancora, certo è che egli ogni anno, da buon pappardellaro, nella ricorrenza della festa del nostro protettore S. Berardo, dedicava a questo un sonetto. Io ne ricordo uno, insegnatomi quand'ero bambino, e composto nel 1855, allorché il colèra minacciava per la seconda volta la nostra cit i. Il poeta si rivolgeva a S. Berardo, e gli diceva:
   Sana Brà, Sam Brà, sta lengua zézza mi Nn'é 'bbóne p' arcundà li grazzeje tò ! Quanne ji la ssre me vach'a ddurml, L'ucchie me se fa ruscè tutt'a'ddò !

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