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La grammatica ed il lessico del dialetto teramano.
Due saggi
Giuseppe Savini
Ermanno Loescher Torino, 1881, pagine 207

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   che non fa neppure parte del Pretuzio, ma del Pinnense, e gli altri due sono di Civitella del Trento, la cui fonetica è più marchegiana che pretuziana, essendo quel paese ad un miglio o poco più dal confine colle Marche.
   Lo Zuccagni Orlandini, quando pubblicò, anni sono, la sua Raccolta di dialetti italiani scelse pel tipo abruzzese il chietino, e fece bene, come ho detto, ma non parlò né punto né poco del dialetto Teramano.
   Del recentissimo Vocabolario dell'uso abruzzese del Dottor Finamore ho parlato più sopra.
   E così questa cicalata sarebbe ora finita, se non ci mancasse ancora la morale della favola, vale a dire un po' di Cicero prò domo sua.
   Avete veduto, o lettori, che il dialetto Teramano è un campo poco men che inesplorato, dove, chi vi si avventura, non trova strade, né lapidi, né colonne milliarie che lo possano indirizzare, anzi, neppure orme di chi vi sia passato prima, le quali in qualche modo lo avviino; se dunque a me voi vedrete spesso spesso, smarrire la diritta via, e messami nella storta, avendo di più le gambe fiacche, e camminando senz'appoggio, incespicare e dar col muso in terra, non vi mettete a ridere, (sebbene dica il proverbio Toscano che il casco vuoi il riso o come l'abbiamo tradotto noi: a na cascate, na rgsatg*); ma anzi da buoni e compassionevoli fratelli venite a rialzarmi, a sostenermi ed a rimettermi per la buona via. È anche questa un'opera di misericordia, e Dio ve la pagherà.
   E con questo, la cicalata è proprio finita.

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