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egli con buone parole pregò il Castellano, finche ottenne di entrare lui solo. Ed avendo appena posto il piò dentro, cavò lo stocco, ed avventatosi addosso al Castellano, l'uccise. Spaventati gli altri dalla maestà, che usciva dagli occhi suoi, fecero entrare tutti gii altri: e dimoratovi non molti giorni, se ne passò con i legni, c'aveva seco, in Sicilia. Entrato il Re Carlo in Napoli die ordine, che si battesse il Castelnuovo: da che i tedeschi spaventati cominciarono a tumultuare: del quale tumulto temendo Alfonso d'Avaios per miglior partito montò su una galera, che nel porto era rimasta ed anch'esso se ne passò in Ischia, ed i tedeschi diedero a Carlo il Castelnuovo, e non molto dopo ebbe quel dell'Ovo, e di passo in passo senza sfoderar spada tutto il Regno. Stavasi Carlo in Napoli invaghito di si bella Citlà, parendo, che quella fosse il suo paradiso. E perchè aveva dato ad intendere essersi mosso di Francia, per andare contro turchi; e vedendosi poi il contrario molti Principi di di Europa temendo, che non avesse animo insignorirsi di tutta l'Italia, si confederarono contro ai Franchi per scacciarli, ed in Venezia circa il fine di Marzo fu la lega conchiusa per mezzo degli oratori di ciascun Potentato, cioè del Papa, deìPItaperH tore Ma ssimigliano, del Re di Spagna, del Duca di Milano, e da Veneziani. Carlo avuta nuova di tal lega, disse, che avria trovato modo di spezzar questa catena. E lasciato in Napoli per Viceré Monsignor Mompensiero disceso di sangue reale, ed in governo delle Provincie altri Cavalieri Francesi, si parli di Napoli, essendovi poco più di tre mesi dimorato, e con l'esercilo, dopo alcuni contrasti con i nemici, se ne tornò in Francia. Or i Francesi rimasti nel Regno, procedendo malamente in tulle le cose, eziandio nell'onore delle Donne, ne meno avendo riguardo a.le Vergini a Dio sacrate, furono universalmente cominciati ad odiare in Napoli, e fuori. Onde fu richiamato di Sicilia il Re Ferrandino, il quale, avendo seco Consalvo Ferrando (che dal suo gran consiglio, e valore fu chiamalo il gran Capitano, e ch'era slato dal Re Cattolico per sicurtà della Sicilia contro i Francesi mandato) se ne passò con cinque mila fanti, e settecento cavalli in Calabria: dove, combattendo presso Seminara con Obegnì Viceré di quella provincia, cadendogli il cavallo sopra, mancò poco, che in potere del nemico vincitore non restasse. Tornò di nuovo Ferrandino in Messina dopo questo fallo,