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Della Storia di Teramo.
Dialoghi sette
Mutio deì Mutij
Tip. del Corriere Abruzzese, 1893, pagine 356

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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Si ringrazia Fausto Eugeni per aver messo
a disposizione la copia del volume.

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   Città, sebbene vecchio, non era punto diminuito, non che del tutto cessato l'antico suo desiderio; onde o per mezzo di alcun suo fidato, o com'altri han detto, per mezzo del Marchese Gio: Francesco suo figlio noi principio dell'anno 1521 te' intendere al giovane Imperatore, che a quel tempo residea in Vorrnazia, similmente Citlà di Germania, come gli antichi Duchi suoi predecessori, e specialmente Giosia suo avo paterno aveano per molti anni, come Barone del Regno di Napoli posseduta la Città di Teramo posta nella Provincia d'Apruzzo non molto lungi dal fiume Tronto ultimo termine di esso Regno verso lo stato di S. Chiesa. Soggiungendo, che detta Città per le quasi continue nemicizie, che vi sono stale, era in gran parte disabitata, e fatto un ridotto, ed asilo di malfattori, e scellerati. E che quando la Maestà sua avesse riconceduto a lui il dominio di detta Città, ne saria seguito utile, ed onore della sua regia, ed imperiai corona, atlesochè i ministri regii, che governavano detta Città, si per le poche forzo, che hanno, e per esser proni alla corruttela, si anco per il breve tempo del loro governo mutandosi ciascun anno il Governatore, nella Città manca il rigore deila giustizia necessaria, per reprimere l'audacia di coloro, che in essa mal vivano. Ma se fosse riconceduta a lui, avria continualo governo, e senza accettazione di persona fatta amministrare giustizia, col mezzo della quale sariano sopite le nemicizie, sfugati i malfattori, che la tengano occupata, e la Città si ridurria nella sua pristina nobiltà, e grandezza, nella quale era al tempo, che da suoi antichi era posseduta. E sebbene ragionevolmente, per esser stata in dominio de' suoi predecessori se gli dovria concedere, nondimeno offeriva per ricompra di essa Città quaranta mila docati di moneta di Regno, da pagarsi incontinente. L'Imperatore, nella di cui mente eran concepite molte imprese, che designava di fare contro infedeli: il nerbo delle quali imprese sono i denari, similmente nel cuor suo pensava d'onde con miglior modo li potesse cumulare. Avendo udita l'offerta del Duca per allora gli fè intendere, ch'aveva sopra di ciò maturo discorso, avria risposto. E fatto radunare il suo consiglio di Stato, fè in esso intendere la profferta del Duca, dal suo Segretario maggiore, che in questa guisa in suo nome parlò. Quantunque sappia l'Imperatore nostro Signore convenirsi ad un buon Re conservare, e ritenere nel suo regio dominio i suoi fedeli vas-

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