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Della Storia di Teramo.
Dialoghi sette
Mutio deì Mutij
Tip. del Corriere Abruzzese, 1893, pagine 356

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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Si ringrazia Fausto Eugeni per aver messo
a disposizione la copia del volume.

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   Maestà dell'Imperatore. Ed essendo loro conceduto un certo termine col favore, e lettere di gran signori benevoli della Città crearono un procuratore nella corte di Sua Maestà, che a quel tempo rise-dea in Vagiiandolid di Spagna. Appresso della quale fu riverentemente supplicato doversi rivocare la vendita della Città latta al duca d'Atri attesoché di ragione non é possuta vendersi, stantino i privilegi! del demanio conceduti, e più volte confermati dalli retro Re di casa d'Aragona suoi predecessori; tanto più che detta ri vocazione saria tornata in servigio di sua corona, per esser la Città importante per la sua qualità, sito, condizione e fedeltà, e però conservarla nel suo regio demanio, non essendo il fatto andato si manzi che non si fosse possuto rivocare. Furono nel consiglio di Spagna letti i transunti di tutti i nostri privilegii del demanio, e ben considerate, e discusse le ragioni allegate dall'una e dall'altra parte, essendoci anco comparso il procuratore del Duca, finalmente fu decretato, che la determinazione di questo fatto si rimettesse agli Illmi, e Magnifici Consigliarti, e Regenli di cancelleria del Regno di Napoli del Sacro Consiglio di S. Chiara. Ed essendo tal decreto riportato in detto consiglio furono di nuovo udite ambidue le parti, e discusse le ragioni, ed il dì ultimo di Ottobre 1521 fu sentenziato, che la Città di Teramo nonostanti i privilegii per sua parte presentati, e le ragioni addotte, ed allegate, essersi per la Cesarea Maestà de plenitudine Regia; potestatis possuta vendere, ed alienare al Duca d'Atri. E per questo doversi concedere al detto Duca lettere commissionali, e deputare Commissario a dare la possessione d'essa Città. Appellarono di nuovo i sindici a S. Maestà di tal decreto, e poi volando se ne tornarono in Teramo. Mentre gli oratori stettero in Napoli nella Città si era fatta provisione di vettovaglie, e e di monizione, per ostare coll'armi in mano, se fosse stato necessario, alla possessione del Duca, e fecero venire da Monte di Nove, Terra della Marca maestri di far balestre, archibugi, ed altre armi. Ed essendo tornali i Sindici colla nuova certa di quanto si è detto, che di corto saria venuto il Commissario a richiedere la Città ili pacifica possessione si ragunarono subito i dodici nella Cancelleria del Palazzo alla presenza de Signori del reggimento, e letta la copia del decreto dato nel Sacro Consiglio, si drizzò in piedi il Dottor Francesco Trimonzio, e così cominciò a dire: Il parer mio, padri,

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