(31 ottobre 1900)
Per chiudere la polemica
Chiedo permesso all'amico direttore del Corriere per una dichiarazione personale.
Quando chiesi a Gennaro della Monica il suo parere intorno al valore artistico della chiesa delle Grazie, della quale menano i miei concittadini gran vanto, io sapevo di rivolgermi a chi per intelligenza e coltura è un competente di arte, come certamente altri non v'è nel nostro ambiente teramano. Ed io, che pur non ho nessuna ragione di rancore con chi ha progettata o costruita o dipinta la chiesa, ebbi personalmente la soddisfazione di veder rispecchiati dalla competenza del prof. Della Monica quegli stessi sentimenti che io avevo nell'animo, contro lo scempio che alla tradizione e al culto artistico si era recato con la demolizione del vecchio tempio. Perché, sarà vero che il vecchio tempio fosse stato paragonato ad una cantina e sarà giustificabile l'entusiasmo di quanti or si rallegrano nella visione delle pitture vivaci del Mariani; ma, in arte, è assioma irrefutabile che bisogna conservare e non distruggere mai e anzi, ove la deteriorazione sia venuta dal tempo, cercar di ripristinare le opere antiche, che non sono soltanto documenti di arte ma sempre e dovunque rappresentano le pietre miliari del progresso.
In omaggio a questi sentimenti fu dato il posto d'onore alla intervista col prof. Della Monica. Né le opinioni da lui manifestate eran tali da rimanere vox clamantis in deserto, quando erano la espressione di una coscienza informata dal vero. Infatti egli aveva la solidarietà di qualcuno, che per la profonda e vasta e pratica erudizione artistica ha sempre raccolto intorno ai suoi giudizi gli onori e i plausi più ambiti: io parlo di Felice Barnabei. E anche venne in buon punto la lettera di Ernesto Narcisi, in fondo alla quale, spuntati alcuni motivi di personalità, la ragion del vero vibrava chiara e lampante.
Or non gridino al senno di poi, e non dicano che le proteste avrebbero dovuto suonare ante opus. Ahimè, chi avrebbe potuto impedire al sig. Savini di dare esecuzione al suo progetto? E forse non furono alte, benché inascoltate, le grida dell'ingegnere Narcisi in seno della commissione edilizia; e il prof. Della Monica non inviò al Savini la nota lettera, con cui invano si tentò impedire l'opera distruggitrice e violenta, che inaspettatamente poi venne deliberata?
A me sembra dunque ingiusta l'accusa di inopportunità alla polemica mossa dal Della Monica, e da me provocata, essendo necessario e decoroso mettere in chiaro ciò che inconsultamente, per gli scopi particolari di altri, era stato tenuto nascosto.
Conchiudo aggiungendo che se questa polemica ha, come di solito, degenerato in attacchi personali, nessuno dalle volgari ingiurie e insinuazioni deve ritenersi offeso, le quali sempre dimostrano la insufficienza degli argomenti adatti ad ogni speciale discussione.
Questo io dico, e a me pare che possa essere suggel etc.....
S. Mariani.
Riceviamo e pubblichiamo, non intendendo con ciò prolungare la sterile polemica:
Egregio sig. Direttore,
Non mi son creduto mai gran cosa, ma dove non cedo l'arme è nell'essere stato, come al presente, galantuomo sotto ogni rapporto, e di non dovere arrossire di nessuna cattiva azione. Non trovo essere ingiurioso il sentirmi chiamato ex fotografo, né il vedermi paragonato ad operai, che sono onesti e laboriosi cittadini; ma se io posso avere dei meriti artistici così poveri, da essere paragonato a costoro, com'è che in tutte lo esposizioni dovo ho mandato i miei quadri, non mi si son mai respinti? Infatti: esposi un mio quadretto a Milano, ed il sig. Carlo Antonini di quella città può far fede se ne trovai il compratore; a Torino poi, nell'84 esposi e vendetti un mio paesaggio; infine alla mostra internazionale di Torino per la testa del Cristo, dove ben 460 tele furono scartate, e ne rimasero oltre mille, la mia senza alcuna raccomandazione fu calcolata per merito la 193.
Che cosa si dirà a chi non ha potuto ottenere neppure di essere ammesso ad alcuna mostra? A chi potremo noi paragonare costui?!
Fatti, fatti e non parole! ed a fronte scoperta! Io scrivo e firmo col mio nome, tutto ciò ch'io posso attestare per vero.
Non so chi sia Graffiacane, e non mi curo di saperlo; solo gli fo riflettere, che se non ha timore, dica il suo nome, ché se merita lode sapremo tributargliela, e se biasimi, non saremo parimente avari in darglielo.
Che vale rispondere ad uomo, di cui non si conosce il nome, e a tutte le contradizioni da lui dette parlando del Comm. Mariani in fatto d'arte?
Esso si dice essere un graffiacane, e noi gli concediamo quest'arte, esortandolo ad usarla su sé stesso!
Gianfrancesco Nardi
(7 novembre 1900)
Note bibliografiche
Berardo Mezucelli: arcidiacono aprutino. Le tradizioni religiose nella storia delle città. Discorso inaugurale del nuovo tempio della Madonna delle Grazie in Teramo - Tip. Bezzi ed Appignani - 1900.
Il presente discorso del mio carissimo e stimatissimo prof. Berardo Mezucelli, discorso affatto dissimile ai soliti abbozzi di estetica religiosa di alcuni parolai di mestiere, mi ha ricordato questo fatto storico, cioè che le civili solennità si celebravano una volta col canto di odi dovute al più grande cittadino della patria terra; così (ed è lecito in caso simile parva componere magnis) Orazio dettava pei nuovi fati di Roma il Carme secolare. Berardo Mezucelli, la prima dignità del Capitolo Aprutino, doveva il filiale tributo di affetto alla sua Teramo e di devozione alla Madonna delle Grazie e l'ha reso in una maniera che non a lui solo fa onore, ma, come si conveniva in tale circostanza, alla città sua.
Il discorso inaugurale del nuovo tempio fu, come tutti sanno, letto dall'autore stesso il 29 settembre; fu letto ed ammirato dai pochi che ebbero la fortuna e di sentire la voce e d'intendere il significato del discorso. Ricordo che sul Corriere, dandosene una breve notizia, era detto: desideriamo che il discorso venga dato alle stampe. Il mio egregio amico e superiore can. Urbani, mi scriveva: Il discorso di Mezucelli, bellissimo, deve essere letto, per potersi apprezzare.
Il desiderio è stato perciò soddisfatto; il discorso in un numero non piccolo di copie può ora esser letto dagli intelligenti e rimarrà ricordo perenne della festa religiosa o civile.
Due fatti, il sentimento religioso e i suoi rapporti colla storia dello città, ha l'autore, studiati nel suo discorso, due fatti che però, per l'intimo nesso che li unisce, si possono ridurre ad uno: le tradizioni religiose nella storia delle città.
Dopo aver accennato con frase felice, corrispondente ai sentimenti dell'ora, alla solennità del giorno, l'autore ha rievocato un altro tempo, quello, in cui la costruzione dell'antica chiesa fu cominciata.
E via via ha descritto come il sentimento religioso si trasmetta, uno, identico, immutabile nei popoli. Le città si rinnovano di popolazione, di edifizi, di costumi, d'istituti, ma restano poi sempre le stesse nelle credenze. La scienza, l'arte subiscono sempre nuovi cambiamenti; domani sarà distrutto quello che fu edificato ieri. I popoli non hanno mai avuto un reggimento né avranno delle costituzioni che ne assicurino la stabilità ed il progresso nei confini dei propri paesi.
E' legge naturale questa, legge di progresso, ma anche causa di infinita irrequietezza dello spirito. Il sentimento del divino invece, è tenace, non cambia nei popoli col mutar degli eventi, e tuttavia, si tempera, s'affina, s'allarga invadendo, annodando i cuori.
Questa parte del discorso, in cui la mente filosofica dell'autore si mostra quella che è, studiosa del vero, capace di riunire cause a cause, effetti ad effetti, è la prima del discorso. Si vedrà poi come questo sentimento giovi, concorra alla storia delle città. Ecco l'umile e rozzo tempio primitivo cede ad altro migliore, più degno del culto e delle grandezze civili; ed i tempii d'Italia sorgono nel Trecento, accanto ai palagi dei Comuni, ora per crescenti bisogni, ora a ricordo di avvenimenti; e, libero il popolo e forte e inteso ai suoi destini, studia e risolve le vicende della sua terra nelle Chiese; così che si può dire che la storia religiosa sia in corta guisa la storia delle città. Ed anche l'antico tempio di S. Angelo raccolse, ne' più gravi momenti della patria, i signori del reggimento ed il popolo. Le costumanze religiose, intermesse per fiacchezza del sentimento tradizionale, ravvivarono una volta il ricordo della storia secolare e delle civili tradizioni. Pertanto il desiderio del vecchio tempio si fa vivo nel cuore; ma è anche viva la lode per coloro che condussero a compimento il nuovo, pei generosi signori, che in larghissima parte vi concorsero, per l'artista eletto, che vi profuse i tesori, ahimè, forse gli ultimi del suo pennello.
E le pitture servono all'autore per ritornare al punto, dond'era partito, all'umile e pio Monaco Attone Teodino, che construere cepit pro anima sua l'antica Chiesa, al nostro S. Berardo, vissuti quasi contemporaneamente e forse, come si può congetturare, stretti da vincoli di amicizia; per ritornare al sentimento religioso, alla fede, che opera prodigi, dei quali segna il suo cammino glorioso questa umanità peregrina.
In tutto il discorso, il prof. Mezucelli è sempre elevato, sia che consideri da pari suo le attinenze che hanno tra loro le cose, sia che scenda nelle più remote fibre del cuore, dove il sentimento religioso si forma, o studii il conservarsi delle tradizioni e il passare delle tradizioni a storia ed il ritorno della mente a queste.
La forma è sempre di sapore classico; è piena, lucida, sapiente, felice dipintura del pensiero; talora il pensiero ha delle elevazioni liriche, e la espressione, che gli corrisponde, trascina, eleva la mente del lettore. Non dico di più.
Potrei sembrare esagerato, ma non a chi (ed in Teramo li apprezzano tutti) a chi conosce i meriti letterari ed artistici dell'autore. A costoro — domando io — non sembrerà giusto il ricordo sopra accennato, dei fasti della patria celebrati dal civile artista della parola?
G. De Caesaris.
(10 novembre 1900)
L' “ultima” sul nuovo tempio
Spetta la parola al cav. F. Savini, il quale scende corazzato da documenti che tagliano, come suol dirsi, la testa al toro.
Egli dimostra a chiare note che tutto è stato fatto concordemente alle deliberazioni della Commissione edile e del Consiglio comunale. Che si vuole più da lui?
Teramo, 5 novembre 1900.
Egregio sig. Direttore del Corriere Abruzzese,
Ora che intorno alla nuova Chiesa delle Grazie par finita la gazzarra, nella quale tanta roba è caduta in verità per mano di pochi, addosso a me e al professor Mariani, (che, sicuro della sua fama, da tanto tempo stabilita, certo se ne curerà poco), io, lasciando da parte tutto il resto, trovo necessario rilevare soltanto le due accuse lanciatemi e difendermene senza polemizzare e solo con addurre i nudi documenti.
La prima è che io non mi son diretto pel restauro di detta chiesa ad artisti locali, ma ad uno di Roma.
La seconda, che io, conservatore ufficiale dei monumenti di dritto e di fatto e appassionato amatore della storia patria, abbia fatto scempio di un monumento della città nativa al quale, per dirla in parentesi, dopo tante alterazioni subite nel corso de' secoli, non rimanevano intatte che le sole colonne.
Alla prima rispondo semplicemente: 1. che io non potevo neppure pensare ad artisti locali, che solo di tele e non di decorazioni generali chiesastiche si sono occupati; 2. che ho adoperato nella bisogna una celebrità in quel genere, il che doveva far piacere ed onore a tutti, senza destar gelosia in nessuno, come, ad esempio, non la suscita la chiamata di una celebrità medica al letto di un nostro infermo; 3. che ad una tale opera, perché riuscisse una e compiuta, era necessario adibire uno e non più artisti; 4. che essa, compita, ha ottenuto, meno qualche giusta critica all'esterna architettura, il plauso di tutti, eccetto due o tre rimasti scontenti.
La seconda accusa poi viene esuberantemente confutata con la sola cronaca documentata, che qui addurrò letteralmente dalle fonti genuine, e senza commenti.
Nella seduta dunque dei 23 luglio del 1891 fu presentato alla Commissione edile il primo progetto del comm. Cesare Mariani pel restauro della Chiesa delle Grazie, che lasciava intatto quasi tutto l'antico e specialmente le colonne, solo elevando le volte e modificando le finestre: nel che andava d'accordo col prof. Della Monica, da me appositamente consultato, come prova una sua lettera dei 19 gennaio 1891 a me diretta e che io conservo. In quella seduta l'ing. comunale sig. Ernesto Narcisi, come questi stesso in qualità di segretario di suo pugno scrisse ed io qui riferisco de verbo ad verbum, come dicevano gli antichi notai, «invitato dal Presidente (Sindaco Berardo Costantini) ad emettere il suo parere, svolge alcune sue idee sul concetto che dovrebbe informare il progetto del nuovo tempio da costruire, non sembrando a lui bello, per quanto si trattasse di toccare una chiesa antica, il conservare nel nuovo tempio l'attuale dislivello fra la strada di accesso ed il pavimento della chiesa, le esistenti colonne massiccie ed informi, l'attuale volta, e la forma interna della chiesa; ma siccome viene interrotto dal componente signor Savini, il quali sostiene di doversi tutto conservare per rispetto e venerazione all'antico, si astiene dal proseguire il suo discorso.»
Ma la seduta più importante della commissione fu quella dei 21 gennaio del 1892; nel verbale di mano dello stesso segretario Narcisi si legge quanto segue: « Il Presidente (Costantini) aggiunge, che per il tempio della Madonna delle Grazie ha concepite molte idee, che volle confidare ad un uomo competente, e crede che si possa abbattere le colonne nell'interno, alzare il pavimento tanto da potersi sotto ricavare una cripta, potersi dividere la larghezza attuale della chiesa in tre parti e con colonnette sottili ottenere le tre cavate e completare il tutto con ben proporzionate finestre per ottenere l'aria e la luce sufficiente.
«Il componente Savini dice non potere accettare in nulla le proposte del presidente, sia perché si uscirebbe dalla idea del restauro, che fu l'oggetto del lascito, sia perché mancano i mezzi finanziarii e sia perché si andrebbe incontro ad un inconveniente antistorico. Dice che le colonne interne sono documenti di nove secoli, in una delle quali è scritto un anagramma della cristianità, che l'arte dev'essere rispettata in tutti i tempi, essendo la chiesa attuale di architettura rudimentale, e che, cambiando tutto, si commetterebbe una profanazione artistica e religiosa.
«Il presidente non crede a tale profanazione, e dice che, rimanendo tutto nello stesso luogo, e pur conservando i resti dell'arte, si potrebbe ottenere un tempio che fosse più bello e che avesse più aria e luce.
«Dopo altre osservazioni da parte degli altri componenti, il Corti prega il presidente di mettere ai voti la seguente proposta:
«Visto il disegno per la chiesa della Madonna delle Grazie, la Commissione Edile fa voti perché venga studiato ed al più presto inviato altro disegno ad una sola navata e cappelle laterali nei limiti dell'area dell'attuale tempio, conservando lo stile e l'ornamentazione del bozzetto presentato.
«Tale proposta messa ai voti viene approvata con sei favorevoli e due astenuti nelle persone dei sigg. Palombieri e Savini, il quale ha dichiarato di riservarsi ogni ulteriore decisione.
«Dopo ciò la seduta viene tolta alle ore 9 pom.»
L'ultima seduta, e decisiva, della Commissione edile fu quella dei 20 marzo 1892, nella quale fu approvato il secondo progetto Mariani radicale imposto dalla stessa commissione e che ora si vede eseguito.
Ma questi erano pareri e per l'esecuzione loro mancava la necessaria deliberazione del Consiglio comunale; e come questa seguisse vediamo nel verbale autentico della seduta dei 29marzo 1892, che ognuno può leggere nell'archivio comunale. In esso dunque si legge che il consigliere F. Savini, presentando il secondo progetto del Prof. Mariani, «discorre dei due progetti da lui fatti redigere dall'architetto comm. Mariani, e presentati alla Commissione Edile; col primo, non approvato dalla Commissione, e che egli chiama di restauro, serbando intatti nella Chiesa i venerandi resti dell'antichità, si mantiene nel tempo stesso la deformità e la rozzezza di tutta la vecchia ossatura: col secondo invece si raggiunge meglio il bello assoluto e l'armonia delle parti e per questa ragione esso venne accolto dalla Commissione Edile.»
«Col primo progetto, seguita a dire il sig. Savini, da lui difeso con tanti argomenti storici ed artistici, si raggiunge meglio l'intendimento di chi ha fatto il lascito, e che ne avea destinato il denaro solamente al restauro ed abbellimento della Chiesa: col secondo progetto invece la somma disponibile non sarà sufficiente a compir l'opera, e perciò si dovrà ricorrere per mezzo di sottoscrizione alla carità cittadina, la quale non potrà mancare pel tempio più venerato della città e per un'opera che accresce lustro e decoro al paese.»
Dopo altre osservazioni di diversi consiglieri, si venne alle risoluzioni «Il Consiglio, si legge nello stesso verbale, concede il chiesto permesso al sig. Savini autorizzandolo di far eseguire nella Chiesa delle Grazie il secondo progetto del comm. Mariani, prescelto dalla Commissione Edile».
« Il Consiglio approva a voti unanimi la proposta della Giunta, ed il Sindaco proclama l'esito della votazione.»
E così, sig. Direttore io finisco, o meglio, finiscono i documenti; e, dopo averla ringraziata dello spazio concessomi, non le pare che io debba ripetere a maggior ragione:
E questo fia suggel che ogn'uomo sganni?
Francesco Savini.
(21 novembre 1900)
Fatti e documenti
Egregio signor Direttore
Mentre io credeva chiusa la faccenda con la mia lettera documentata, da lei detta «l'ultima sul nuovo tempio», veggo nel numero del Corriere dei 14 corrente pubblicata una lettera dell'ing. sig. Ernesto Narcisi contenente un accusa verso di me, dalla quale è necessario io mi difenda, e sempre a punta di documenti.
Egli dunque mi accusa di aver pubblicato «una parte del verbale» della Commissione edile, in cui egli si mostrava fautore dell'abbattimento «delle colonne massiccie ed informi» dell'antica chiesa delle Grazie, senza che io mentovassi «che prima di esaminare il primo progetto di trasformazione della chiesa, si discusse per lungo e per largo la convenienza o meno di mantenere l'antico come era, ed io (Narcisi) mi dichiarai per la conservazione dell'antico».
Ho voluto rileggere tutti i verbali precedenti, ma in nessuno di essi v'ha il più piccolo motto, che riguardi menomamente la chiesa delle Grazie; e io sfido il sig. Narcisi a trovarvi un accenno di simil natura. Invece la prima discussione sulla medesima seguì appunto nella seduta dei 23 luglio 1891 nel modo da me riferito nella lettera pubblicata nel Corriere dei 10 corrente; e per maggiore sicurezza riferirò qui le prime parole di quel verbale che reca l'introduzione della materia nella Commissione. Esaurito dunque gli altri oggetti; «il Presidente, ivi si legge, poscia presenta ai componenti la Commissione edile un progetto (il primo del restauro che lasciava intatte le colonne ecc.) del prof. Mariani di Roma per la trasformazione del tempio della chiesa delle Grazie, e dopo aver fatta una breve storia dell'opera, apre la discussione sul merito del progetto presentato. L'ingegnere comunale, invitato dal Presidente ad emettere il suo parere» ecc. come nella mia ultima a Lei. Esso fu il primo ed unico pronunziato dall'ingegnere Narcisi nel seno della Commissione e fu quale verbalmente riportai nel suddetto numero dei 10 di novembre, cioè di non doversi conservare lo colonne, la volta e la forma interna della chiesa.
Questi sono i fatti e i documenti, che ognuno può verificare e che non possono certo distruggersi con.... citazioni a memoria.
E con ciò s'abbia, sig. Direttore i miei ringraziamenti e l'attestato della mia osservanza.
Francesco Savini
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