I teramani nella Grande Guerra.
Il conflitto raccontato nelle pagine del Corriere Abruzzese
Anno 1915


La crisi (16-5-1915)

           I lettori hanno appreso dai quotidiani la notizia delle dimissioni del Gabinetto Salandra-Sonnino.
           Si era in questi ultimi giorni creato un dissenso circa il modo di risolvere il grave problema di politica estera che travaglia l'Italia, tra il Ministero e la maggioranza parlamentare rimasta più che mai devota all'on. Giolitti.
           Questo dissenso ha culminato nei colloqui che l'on. Giolitti, invitato appositamente ad esprimere la sua opinione, ha avuto col Re e col Capo del Governo.
           Dopo il parere dell'on. Giolitti il quale, contrariamente alla direttiva scelta dal Ministero, opina che prima di scendere in guerra contro gl'Imperi centrali debbono per le vie diplomatiche esaurirsi tutti i mezzi necessarii per evitare al Paese il terribile evento di una guerra, che potrebbe anche risolversi per la nazione in una iattura senza nome, il Ministero, vistosi mancare la base parlamentare, ha rassegnato, correttamente, le sue dimissioni.
           Era naturale che le correnti interventiste più focose di spirito, per quanto meno numerose pei aderenti, inscenassero delle rumorose dimostrazioni allo scopo di premere sui poteri responsabili.
           Per conto nostro, convinti anche noi che alla guerra debba ricorrersi soltanto come ad un mezzo estremo, assistiamo con perfetta serenità al cozzo di queste due tesi, l'interventista e la neutralista, egualmente rispettabili.
           Per noi ambedue gl'insigni parlamentari che la sostengono, l'on. Giolitti e l'on. Salandra, sono ambedue uomini oggetto della più alta considerazione, d'italianità e di patriottismo indiscusso. Il Parlamento ormai è l'arbitro della decisione e qualunque possano essere le nostre simpatie per una tesi o per l'altra, noi ci inchineremo al responso della volontà della rappresentanza nazionale, cui non possono sostituirsi nè i clamori, nè le troppe semplicistiche risoluzioni di individui accecati da tendenze preconcette.
           Ma deploriamo energicamente la violenza di linguaggio di una certa stampa interventista che aizza sfacciatamente contro questo o quell'uomo politico reo di avere una opinione di ordine diverso.
           Quello che è stato stampato contro il capo della maggioranza parlamentare sarà, quando la calma ritornerà nell'ambiente, vivamente stigmatizzato forse dagli stessi scrittori di quelle basse ingiurie che vorrebbero elevarsi a dignità di argomenti mentre non sono altro che sfoghi di semplice e volgare odio politico. E chiudiamo col ricordare queste nobili ed eloquenti parole che tutti dovremmo tenere in mente in quest'ora in cui la ragione moderatrice e ponderatrice dovrebbe frenare quanto più è possibile gli slanci nobili per quanto assai spesso ciechi del sentimento.
           La storia di una Nazione non è un sogno o un soliloquio o uno sforzo unico di un grand'uomo; è il travaglio concorde e discorde di tutti i suoi uomini, e delle sue generazioni, è l'urto di questi contrasti, è la risultante di queste opposizioni, il dialogo di queste intelligenze, è il dramma di queste coscienze.