LA Guerra Nazionale al Consiglio Provinciale
Lunedì, alle ore dieci, si riuniva il Consiglio Provinciale.
Erano presenti i Consiglieri:
Crescenzi, Vinditti, Martinetti-Bianchi, De Petris, Rozzi, Mapei, De Intinis, Delfico, Innamorati, Mezzopreti-Gomez, Averardi, Bindi, Sabatini, De Fermo, Casamarte, Martegiani, Giustiniani, Flaiani, Tanzi, Pirocchi, Olivieri, Pellegrini, Colajezzi, Mascioli, De Cesaris, Paris, De Berardinis, Fabbri Turno, De Angelis, Cazulli, Romani, Celli.
Presiedeva il cav. uff. Alessio De Berardinis, consigliere anziano. Funzionava da segretario l'avv. Giustiniani Agostino, il più giovane consigliere.
L'ordine del giorno portava al primo numero: Nomina dell'Ufficio di Presidenza.
Procedutosi alla votazione, risultarono confermati: Presidente il cav. uff. avv. Ernesto Romani; V. Presidente il cav. uff. avv. Luigi Paris.
Fu eletto segretario l'avv. Antonio Sabatini, in sostituzione del cav. R. not. De Caesaris, che è entrato a far parte della Deputazione Provinciale; e fu eletto V. Segretario l'avv. Giustiniani.
Terminata l'elezione dell'Ufficio di Presidenza, il consigliere anziano Alessio De Berardinis cedé il posto al Presidente cav. uff. Ernesto Romani, il quale dopo le felicitazioni che gli rivolsero i consiglieri, prese la parola e tra la generale attenzione dei Consiglieri e del pubblico, disse il seguente discorso:
«Dell'alto onore, che mi avete confermato coi vostri suffragi, vi sono gratissimo, non solo perché avete voluto di nuovo elevare la modesta persona mia ad una distinzione a cui pur troppo non corrisponde alcun mio merito, ma anche perché mi è dato di rendermi, da questo posto, interprete dei vostri sentimenti in un'ora così grave e solenne, nella quale dall'urto spaventevole degl'immensi interessi in conflitto dovrà fatalmente sorgere il compimento della integrità e della indipendenza della cara patria nostra. (Benissimo! Tutti i Consiglieri sorgono in piedi).
Se la guerra è sempre, per sè stessa, una sventura, nessuna guerra è stata mai più necessaria e più santa della nostra. Noi lottiamo per rivendicare ciò che la natura stessa ci ha dato assegnandoci confini così superbamente scolpiti, lottiamo per riunire regioni nobilissime, italiane per origine, civiltà e per tradizione, alla grande famiglia italiana, da cui soltanto la violenza dell'eterno nemico le tiene tuttora disgiunte. (Approvazione).
E, per questo, la nostra è lotta di oppressi contro oppressori, lotta per la libertà e pel diritto, contro l'asservimento e la forza brutale. (Nuove approvazioni)
La nostra guerra però ha anche un significato che oltrepassa i confini d'Italia, perché costituisce uno dei momenti, e speriamo sia l'ultimo atto, della lotta che dura già da undici secoli tra i figli di Roma, intesi sempre a spargere ovunque i doni maggiori della civiltà e delle arti, e i figli di Arminio, i quali, non civili all'inizio della lotta, raggiunsero in seguito la loro coltura, tanto lontana però dalla civiltà che forma la gloria del mondo latino.
La vittoria quindi dev'essere nel cuore e nelle aspirazioni di tutti; e per ottenerla, come non è a dubitare, occorre che al valore dei nostri fratelli i quali espongono la loro vita sui campi di battaglia, si aggiunga il concorso, sapientemente organizzati, da ogni altra energia ed attività della nazione; al quale concorso, noi, memori degli obblighi che c'impone la civiltà nostra, siamo oggi, e saremo sempre, ove occorresse, ben felici di partecipare. (Bene)
Dal valore dei nostri prodi combattenti, dalle zolle fecondate dal sangue di quelli tra essi che son caduti e che cadono avendo negli occhi la visione della vittoria, germoglierà la grandezza della Nazione. Onore quindi ai baldi figli della nostra terra abruzzese e a tutti i figli d'Italia, che, combattendo contro lo straniero, han già fatto sull'ara della Patria il sacrifizio delle loro giovani esistenze. Onore ai valorosi dell'esercito e dell'armata, che, non curanti dei disagi e delle più aspre fatiche, espongono giornalmente la loro vita ai più gravi pericoli, e vincono destando l'ammirazione anche dei nemici. Onore al nostro amato sovrano, che, vivendo tra loro come fratello, continua le tradizioni del suo grande avolo, padre della patria. E la nostra ammirazione e la nostra riconoscenza vadano anche a coloro che chiamati a reggere le sorti della Nazione, avendo la direzione suprema delle sue forze in armi, hanno avuto la perfetta percezione dell'attuale momento storico, e così sapientemente han saputo preparare il compimento dei destini nazionali, e continueranno a guidarci sul sentiero della vittoria. (Applausi).
Attestiamo dunque concorde sentimento di devozione alla Patria, fidenti che per l'unione di tutti gli animi, primo elemento di forza, per l'alto senno del Re e del suo Governo, pel valore dell'esercito e dell'armata; e per la virtù di tutti i cittadini, ci sarà dato presto di veder avverata l'aspirazione di tanti secoli e di tante generazioni, il compimento dell'unità Nazionale.
E vi propongo che tali vostri sentimenti vengano espressi con telegrammi da dirigersi a S.M. il Re, a S.A.R. il Duca degli Abruzzi, all'on. Salandra e al Generale Cadorna». (Applausi vivissimi e prolungati).
Il Presidente della Deputazione provinciale comm. Lodovico De Petris pronunciò a sua volta il seguente discorso:
«Onorevoli Consiglieri!
In quest'ora solenne nella quale maturano i destini d'Italia, rifulgenti come in un ricorso storico di quell'istessa luce radiosa che infiammò e sorresse gli animi dei primi instauratori della nazionale indipendenza; in quest'ora, nella quale la patria nostra, che sembrava come esausta dal prodigioso lavoro compiuto, e quasi assonnata ed acquiscente ad uno stato di cose, cui poneva suggel (sic) un patto d'alleanza, impostoci per troppi lunghi anni, da dure ed amare vicende, un'onda di entusiasmo e di commozione è risalita per gli anni a ricercare i giorni dei sogni, dei sacrifici, e delle fedi incrollabili.
L'Italia ritrovò la sua via, e persegue fatalmente il suo destino. (Applausi.)
Or bene, in quest'ora sacra i battiti dei nostri cuori il moto dei nostri cervelli non possono e non devono avere che un idolo, che un pensiero, che un'aspirazione: l'idolo: il nostro esercito capitanato dal Re; l'aspirazione: la nostra vittoria.
I soldati d'Italia, che senza distinzioni di età e di fede politica, con nobile gara danno le più fulgide prove del valore latino, con una fede, con un entusiasmo, con una prodigalità quasi del proprio sangue, da destare l'ammirazione del mondo civile, e lo stupore dell'istesso nemico. (Applausi.)
Il nostro Re, che divide con essi disagi e pericoli, condottiero e padre, li segue, li assiste, li conforta, li ammira.
Tutto questo immane sacrificio non sarà vano: esso sarà coronato da certa vittoria. E sarà vittoria santa, non strazio dell'altrui diritto conculcato, sibbene rivendicazione del diritto nostro, non coronamento di un'aggressione selvaggia, ma liberazione di popoli, sangue del nostro sangue, ed anelanti a libertà; vittoria, infine, che farà argine alla barbaria teutonica, allo smodato imperialismo dei novelli Cesari da operette. (Vivi applausi.)
La guerra che noi combattiamo, la nostra guerra è santa: non noi la cercammo, ci fu imposta dall'altrui malvolere, dall'altrui tracotanza.
E se mi è lecito esprimere tutto il mio pensiero, dirò, che la resistenza austriaca a doverosa non già concessione, ma restituzione, fu la nostra morale salvezza. Perocché non si barattano la dignità e l'onore di una nazione con l'allargamento di pochi o molti chilometri di sua frontiera. Se le terre alle quali aneliamo, son nostre: se il mare che lambisce le nostre sponde orientali, mollemente quasi invitandoci a sè, deve essere, come fu, un mare nostrum, è pur necessario, secondo scriveva un fiore gentile di nostra terra, già caduto sulle rive dell'Isonzo, che queste terre sieno irrorate dal nostro più gentil sangue; è pur doveroso che a questo mare i baldi marinai d'Italia propiziino gli dei con l'olocausto delle loro vite! (Applausi vivissimi.)
Han chiamato gli Italiani Abruzzesi. Se questa espressione vuol essere un'allusione della propaganda efficacemente esercitata dal poeta di nostra gente, non sarebbe a lui possibile tributare lode maggiore. Se al coraggio ed all'ardimento che tutti i nostri fratelli, in armi, fan ritingere sui campi di battaglia asprissimi, dove alla superiorità delle naturali difese del nemico noi opponiamo la superiorità dei nostri petti di acciaio, oh! non è una novità che gli Abruzzesi sien forti, ma non bisogna dimenticare che sono anche gentili. E sarebbe per noi ragione di orgoglio far togliere il valore abruzzese come simbolo del valore italico.
Ma tutti i nostri fratelli si battono come leoni, ed il ruggito dei loro petti è rampogna e monito ad un Imperatore e Re che davvero sarà consacrato nella storia come colui che nel bigottismo più gesuitico nascose un animo il più crudele e sanguinario.
Io vi invito o signori a gridare: Viva L'Italia! Viva il Re!» (Applausi unanimi - Vivissime approvazioni.)
Il Comm. Idelfonso Lazazzera, Prefetto della Provincia, prese la parola quale Commissario del governo e disse:
«Mi congratulo con Lei, onorevole Presidente, perché confermato nella carica che luminosamente tiene; e mi congratulo anche con gli altri dell'Ufficio di Presidenza chiamati a collaborare con Lei in questo compito.
Permettano poi che, come cittadino, mi associi ai sentimenti patriottici ora espressi, squillanti di amore verso questa grande regione abruzzese: mentre, come rappresentante del Governo, ringrazio dei sentimenti manifestati verso la Patria nostra, verso la più grande Italia che sorgerà dal sacrificio di tante giovani esistenze, tra cui in così larga schiera è rappresentata la regione abruzzese. Ringrazio per S.M. il Re simbolo della nostra unione, simbolo della indipendenza della Patria, simbolo di quell'opera di perfezionamento e grandezza a cui da un cinquantennio tende la nostra Italia.
Ringrazio per il saluto rivolto a Coloro nelle cui mani sono affidate le sorti delle nostre forze di terra e di mare, scese in campo con una preparazione così potente che lo stesso nemico ammira e teme.
Ringrazio del saluto rivolto a Colui che dirige in questo momento le fortune d'Italia.
Questo ringraziamento che rivolgo a tutti, come espressione dei sentimenti verso queste popolazioni che danno prova di tanta forza, e di tanta energia, sia accoppiato all'augurio che anche nel campo civile rimanga questa mirabile unione di animi, che sentimenti di ordine secondario non offuschino l'unico sentimento che fa vibrare gli animi nostri, per il conseguimento della vittoria per la glorificazione della Patria». (Vivi e prolungati applausi).
L'on. Bindi si associò con brevi parole a quanto avevano nobilmente esposto i precedenti oratori e a titolo di onore volle ricordare un elenco di nomi di caduti per la patria, soldati appartenenti alla nostra provincia. Disse che l'elenco non è certo completo e che altri giovani han dato il loro sangue per la grande Patria. Egli ci dava solo quelli risultanti dall'ufficio di informazioni.
Ai prodi caduti mandò il suo saluto riverente!
Seguì l'on. Celli Ettore il quale così disse:
«Le nobili parole degli Ill.mi Sig. Presidente del Consiglio e Presidente della Deputazione Provinciale, del benemerito Prefetto della Provincia, come quelle dell'on. Collega chiarissimo prof. Bindi, inspirate a caldo patriottismo e pronunziate anche per onorare la memoria dei generosi figli d'Abruzzo, finora caduti sul campo dell'onore, hanno toccato molto al vivo l'animo mio, specie quando ho inteso ricordare il nome del mio carissimo congiunto Celli Gino, la cui marziale figura di capitano alla mia mente ora pare sorridere come maggiormente compiaciuto del sacrifizio della sua vita reso alla Patria.
Egli era capitano nel 2. Reggimento Fanteria di stanza ad Udine, allorché fu dichiarata la guerra e quindi fu tra i primi a passare il confine, prendendo parte a tutti i combattimenti, senza mai dar segni di stanchezza, finché il 19 luglio, dopo, un quinto assalto ad una trincea fu flagellato dalla mitraglia, sotto Gorizia.
Essendo egli nato a Castelli e avendo compiuto gli studi ginnasiali in Atri e i liceali in Teramo, dove anche fu da sotto tenente, allorché parecchi anni or sono vi era di distaccamento un battaglione del 66. Fanteria, molti della Provincia possono ricordarlo come era di modi distinti, ma giova ancora che tutti sappiano che egli era la vera personificazione della gentilezza, dell' amabilità, della bontà d'animo, e fu effettivamente, e nel vero senso della parola, il modello di figlio, di sposo, di padre di famiglia.
Sacrificando entusiasticamente i suoi più cari affetti per la Patria in ancor giovane età, quando gli era prossima la promozione a maggiore, ha lasciato alla famiglia, al paese natio un nome assai onorato e circonfuso di gloria. Mi associo quindi con animo più particolarmente commosso all'onore che si è inteso di rendere ai prodi caduti tutti, e che il loro sangue renda tutto il frutto desiderato per la grandezza della nostra Patria!» (Vive e calorose approvazioni).
Il Presidente assicura che tutto il Consiglio si associa alla commemorazione del compianto e valoroso capitano Celli.
L'on. De Intinis mandò un saluto al collega Faricelli, il quale come ufficiale e come medico sta al fronte e si può considerare il rappresentante del Consiglio Provinciale di Teramo, attestante in rappresentanza di opere i sentimenti patriottici oggi tanto solennemente dal Consiglio riaffermati.
Invitò pertanto l'assemblea a mandare un saluto al nobile collega.
L'ordine del giorno recava al numero secondo: Provvedimenti per la guerra nazionale: a) Sussidii ai Comitati per l'organizzazione civile, b) Concorso a benficio della Croce rossa.
Il Presidente della Deputazione legge la seguente relazione proponendo all'approvazione l'ordine del giorno:
«Consiglieri Colleghi,
La marcia titanica del nostro esercito audace e possente, che ha stupito il mondo pel suo indomito valore e per il silenzioso eroismo, si avanza a gran passi; ma questa guerra non si combatte solo sulle linee del fuoco, si bene dalla gran massa dei rimasti, riserva preziosa per le provvidenze di tutti i bisogni, per la tutela di tutte le debolezze, per la cura assidua di tutte le necessità.
La guerra di oggi non è più solo tributo di sangue e di giovinezze fiorenti, ma il supremo sforzo, complesso ed armonico, dell'intera nazione, che nella sublime esaltazione di tutte le proprie forze tende a cogliere il fiore della vittoria.
Siamo intanto lieti che sin dal primo ridestarsi dell'anima nazionale siasi data opera perché nella nostra Provincia si confermasse ancora una volta l'alta e fervida tradizione di solidarietà umana e di ardente patriottismo.
E Comitati di organizzazione Civile son sorti ed altri ne sono in via di costituzione dapertutto.
L'opera loro assidua e premurosa si esplica con manifestazioni multiformi, dalla difesa sussidiaria del paese all'assistenza e previdenza sanitaria, dal volontariato per i servizi pubblici alla raccolta di indumenti e di altri doni per i soldati, dalla confezione di maschere contro i gas asfissianti all'ufficio di corrispondenza e di informazioni, dall'assistenza ai bambini delle famiglie dei militari più bisognosi all'integrazione dei sussidi governativi. Accanto a siffatta organizzazione materiale, non è mancata quella della propaganda patriottica per l'elevazione morale degli spiriti, da cui per non piccola parte è derivato il magnifico slancio del nostro popolo, giacché gli ideali che alimentano tutte le energie, che fecondano tutte le attività, se devono avere la vetta in alto, devono avere salda base nell'anima popolare immensa e solenne.
Anche la locale Sezione della Croce Rossa, di questo internazionale Istituto della pietà, che sempre e dovunque stende amorevoli le proprie ali sulle infinite miserie umane, non ha voluto rimaner seconda in questa gara di generosità e, seguendo gl'incitamenti della sede Centrale, ha allestito in questo Capoluogo, in ampi e salubri locali, un Ospedale per accogliere i combattenti feriti.
Per i mezzi si è fatto ricorso al grande esercito dei volontari sottoscrittori, incoraggiandolo con adeguati concorsi da parte degli Enti pubblici.
E la vostra deputazione, guidata dal sentimento del dovere e sorretta in quest'opera d'amore e di fede dalla certezza del concorde vostro consenso, non tardò a deliberare d'urgenza un primo e un secondo fondo di contributo a favore dei singoli Comitati locali per ciascun Comune della Provincia, in ragione delle rispettive popolazioni, come in ordine ai provvedimenti più equi ed opportuni in pro dei propri dipendenti chiamati in guerra, riservando di proporre al Consiglio anche un sussidio a beneficio della Croce Rossa.
Certo le condizioni attuali della nostra finanza, rese ognora più difficili per l'imperversare del terribile flagello della guerra, tale da sconnettere le basi di ogni più saggia previsione, non permetterebbero di largheggiare in siffatte spese, ma quando al dovere s'uniscono in facile corrispondenza il sentimento ed il cuore, ogni ostacolo deve essere sormontato, giacché a casi eccezionali può provvedersi con mezzi straordinari.
E benedetto sia ogni nostro sacrificio, quando è la Patria che lo richiede.
Con tali propositi invochiamo il voto unanime sull'ordine del giorno che presentiamo alla vostra approvazione:
Udita la relazione della Dep. Provinciale;
Il Consiglio delibera:
1. Ratificarsi i deliberati presi di urgenza dalla Deputazione provinciale del 18 giugno e 12 luglio ultimi relativi ai concorsi in una di lire 25000, come primo fondo, a favore dei comitati locali di organizzazione civile;
2. Ratificarsi del pari l'altro deliberato preso d'urgenza dalla Deputazione provinciale del 30 luglio p. p. circa i provvedimenti per i funzionari provinciali richiamati alle armi.
3. Concedersi in pro della Croce Rossa un sussidio di L. 2500.
4. Autorizzarsi la Deputazione provinciale a provvedere per ora i fondi necessari, mediante una speciale operazione di Cassa, salvo proposte definitive in sede di Bilancio».
Intorno ai provvedimenti per la guerra nazionale parlarono, più o meno brevemente: Bindi, De Fermo, Vinditti, Innamorati, Mezzopreti-Gomez, Olivieri, Mascioli, Fabbri, Cazulli ed in ultimo il Presidente De Petris.
Dopo di che il Consiglio ratificò all'unanimità, le deliberazioni d'urgenza del 18 giugno, 12 e 30 luglio della Deputazione Provinciale.
Il Consigliere Bindi, chiesta la parola, propose che la seduta venisse tolta dopo tanto alta e solenne commemorazione.
Il Consiglio accettò unanime.
Mentre i consiglieri si levavano dalle loro poltrone, entrarono nella sala, accompagnate dall'egregio avv. Giuseppe Pacini, due gentilissime: la signora Margherita Crugnola-Montani, profumo di bellezza e di bontà, e la signorina Luisa Montani, simpatia e virtù fatte persona.
Esse chiesero, a nome della Croce Rossa, un obolo per i ferriti della nostra guerra e regalarono a ciascun consigliere, in attestazione di gratitudine, un piccolo ed artistico ventaglio.
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