I teramani nella Grande Guerra.
Il conflitto raccontato nelle pagine del Corriere Abruzzese
Anno 1915


Fra la fine di un anno e il principio di un altro

           È già un anno, e l'immane sciagura che colpisce uomini e cose non accenna a dileguare; e l'odio feroce che trascina popoli interi in un baratro senza fine non accenna a calmare. Che anzi, oggi più di ieri le nazioni sono decise a ben altri sforzi e preparano i cittadini a più lunghi e sereni sacrifizii.
           Tutti ricordiamo il terrore dal quale fummo presi l'anno passato davanti all'irresistibile avanzata dell'esercito tedesco attraverso il Belgio e la Francia. Imprecammo sinceramente per l'assassinio di un nobile popolo e stavamo lì lì per convincerci che, con un forte esercito, bastasse imporsi al mondo intero, e che nulla più valessero la nazionalità e il progresso, il diritto e la morale, l'indipendenza e la libertà.
           Se non che assistemmo ad una meravigliosa coalizione di tre grandi popoli — l'inglese, il russo, il francese — e il patto di Londra ci assicurò che il trionfo finale non poteva essere che della giustizia e del diritto.
           Così, la guerra che doveva guadagnare territori all'Austria e alla Germania e ridurre al vassallaggio il Belgio e la Serbia, cambiò aspetto e contenuto ed acquistò un alto e confortante significato ideologico e morale.
           I soliti materialisti avevano già gridato al trionfo delle loro teorie, ma ben presto dovettero ricredersi, poiché fin dai primi giorni della guerra il mondo si accorse che sui campi di battaglia non cozzavano interessi materiali, bensì due grandi ideologie: quella della prepotenza e quella dell'indipendenza; l'una affermante il diritto della forza, l'altra la forza del diritto; la prima per l'imperialismo e contro il principio di nazionalità, la seconda contro l'imperialismo e per la pacifica convivenza dei popoli, per il rispetto reciproco dei loro diritti e delle loro caratteristiche di razza, di storia, di religione. Tra l'una e l'altra ideologia un abisso, che invano si tenterebbe di colmare con milioni di cadaveri....
           L'Italia non poteva essere che con la libertà e il diritto; e lo fu fin dall'inizio delle ostilità europee, tanto che anche noi passiamo dire d'avere principiata la nostra guerra fin dal primo agosto dell'anno scorso perché fin d'allora sentimmo quanto distacco, quanta differenza fosse fra noi e la razza germanica, fra la nostra civiltà materiata di idealità ed estrinsecantesi nell'elevazione delle anime, e la pseudo civiltà tedesca in null'altro consistente che nella perfezione tecnica e in una tal quale organizzazione esteriore che involge tutta la vita pubblica e privata, l'istruzione e l'educazione, l'industria e il commercio nella terra di Attila.
           Così facendo, l'Italia non solo si rendeva degna delle sue tradizioni, ma difendeva i proprii interessi e serviva la causa della giustizia internazionale, si da riscuotere plauso e riconoscenza di tutti i popoli veramente civili.
           No non può nè vuole l'umanità soffocare sotto il peso d'uno smoderato egoismo e d'una sfrenata ambizione; non vuole nè può sacrificare le risorse e i portati delle sue scienze e delle sue arti ad un militarismo cieco, spavaldo, brutale; non può fare olocausto delle sue più nobili virtù ad un imperialismo anacreontico che vuole il mondo ai suoi piedi e ad esso vuole imporsi con ogni sorta di monopolii, così nel campo economico come in quello politico, commerciale, agricolo, industriale....
           Al mondo c'è posto per tutti, e chi in pieno secolo ventesimo si credesse in forza o in diritto di imporre patti e di comandare, non troverebbe mai nessun popolo disposto ad ubbidire. Per questo oggi più di mezza Europa è coalizzata contro gli imperi centrali.
           Aveva creduto la Germania di annientare in pochi giorni la Francia. Ma ecco che è tornato il 15 agosto e la colazione per Guglielmo a Parigi non ancora vien consumata.... Aveva creduto la Germania al non intervento dell'Inghilterra, e invece la perfida Albione ha chiusa la terribile rivale in una stretta soffocante. Aveva creduto la Germania in una cooperazione più efficace da parte dell'Austria, ma questa non ha buscato che batoste dai russi, dai serbi, dagli italiani.
           É tutto un piano che non è riuscito, tutta un'opera - per quanto meravigliosa - che sì è infranta contro la tenace volontà e la fede incrollabile di popoli che vivevano in pace e che per l'avvento d'una pace duratura e generale oggi resistono all'aggressore e si preparano febrilmente per ridurlo domani all'impotenza.
           E la Germania - checché ne pensino coloro che danno alle sue avanzate in territorio straniero un'importanza capitale mentre non ne ha che una secondaria e relativa - la Germania sarà vinta. Sarà vinta e dalle sue rovine sorgerà un'era veramente nuova per l'umanità tutt'intera, perché allora i popoli potranno respirare liberamente e guardare con più tranquillità il loro avvenire e godere con più sicurezza la loro libertà.
           Il Belgio assassinato grida vendetta; le vittime del Lusitania attendono la riparazione del loro martirio: il trionfo finale non potrà essere del malfattore! Nel tragico anniversario dello scatenarsi del conflitto europeo, Benedetto XV ha ricordato ai popoli ora belligeranti e ai loro capi, che le nazioni non muoiono perché esse, umiliate ed oppresse, portano frementi il giogo loro imposto, preparando la riscossa e trasmettendo di generazione in generazione un triste retaggio di odio e di vendetta.
           Grandi verità queste ricordate dal Papa. Se non che egli ha voluto fare di tutt'erbe un fascio e non ha creduto di distinguere aggredito da aggressore. Non ce n'era bisogno, del resto.
           La storia ha già scritto il terribile verdetto contro i responsabili della guerra e i malfattori periranno senza dubbio sotto il grave peso dei loro delitti e seguiti dalle innumeri maledizioni di tutti gli uomini di buona volontà.
           S. Omero, 13 agosto 1915.
           PASQUALE RITUCCI