Quelli che non muoiono
La notte del 13 settembre, una bomba uccideva il volontario settantenne
Fascioli Marco
Garibaldino, di Ancarano
mentre dormiva nella propria trincea.
Il nostro papà è morto!
Egli era un allegro vecchietto. Reduce delle patrie battaglie, fattosi ora volontario, offriva il vecchio petto al vecchio nemico. Se al Radeski altri generali eran succeduti; se sotto la fiammante camicia decorata di tante medaglie non più battea una fibra ventenne, l'odio contro l'Austria era pari a quello sentito nel passato, uguale l'ardore bellico: il vecchio Marco, pensando le ombre degli eroi di Mentana, accentrava in sè l'antico ardore, sfidando ancora una volta l'eterno nemico!
E l'eroe, il nostro papà, cadde, perché una bomba nemica, tra le spesse tenebre, sorprendeva l'eroe dormente sul roccioso Carso con la fronte rivolta all'ambita città, sogno d'Italia e della irredenta terra.
Solo le tenebre che ricordano delitti e tradimenti potevano favorire Il tedesco delitto, e l'eroe è morto, il suo corpo è seppellito nel sasso, ma la sui ombra non è placata: essa si erge minacciosa!
È morto nel sonno il settantenne soldato sognante forse l'antico sogno, e la sua cara vecchietta e la lontana Ancarano!
Figli miei, ci solea ripetere quando nella sua fervida memoria si accendevano i vecchi ricordi, voi non eravate ancora quando conobbi questi cari confinanti! - e con l'occhio scintillante e col gesto additava le vicine trincee.
La camicia fiammante si agitava, le numerose medaglie cozzavano insieme, ed egli trasformandosi, diveniva più grande.
Lavoriamo senza parlare, dicea spesso, perché vi sono quelli, fortunatamente pochi, che parlano senza lavorare!
La sua faccia sorridente mai ha perduta la serenità; mai il suo occhio tremò, mai nelle non indifferenti angustie di guerra fu udito da lui un lamento!
Ed ora è morto. Le membra infrante posano là ai piedi del suo calvario, ma il suo spirito indomito aleggia gigante tra noi!....
Il Cappellano Militare
Tenente Don GUERINO CINGOLÀ
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