Per la Croce Rossa
I.
Nuda la tomba di mio padre, senza
una lampada, senza i fior dei morti
in questo dì. Non biasimate, o genti,
un pio voler, l'inconsueta assenza.
La terra è tutta fiamme, arde di stragi
non mai vedute. In ogni solco un rivo
scorre di sangue, e palme per la pace
non porta ancora il sempreverde ulivo.
Gemono i morti, chiamano. Nessuno
giunge dei figli ne la bruna terra,
e chi vi giunge, sanguina per tante
ferite avute ne la santa guerra.
L'eterna pace a lor dona, o Signore,
e splenda lor la luce che non muore.
II.
Candidi gioghi alpini e l'ubertose
piogge, curve a specchiarsi nel sanguigno
fiume, teatro di superbe gesta,
son loro patria e sepoltura. Rose
non chiedon, premio all'audace ardore,
nè chiedon pompe i morti, che pur sanno
l'offerta in vanità. Mormoran: «Date,
se mai vi colga più pensoso affanno,
Tutto a chi, leso, straziato il corpo
per la gran Madre, Italia, al campo o in sale
provvide al duolo, aspetta, e, acceso d'odio,
risogna di morir per l'Ideale.. »
L'eterna pace a lor dona, o Signore,
e splenda lor la luce che non muore.
III.
Risognano le pugne. Avanti, in atto,
e, come a volo, su l'aperto piano,
ove il Poeta, alma sdegnosa, ride
a la misera offesa. Ecco, all'assalto
ultimo, verso la Fedel di Roma!
Ci freme in petto il voto secolare
d'un popolo, che infranto il duro giogo,
sa che la vita di sua vita è il mare.
Avanti, ancora! E le fiammelle in croce,
alimentate da l'amor più santo,
ardono agli occhi teneri di gioia:
anche gli eroi hanno a le ciglia il pianto...
L'eterna pace lor dona, o signore,
e splenda lor la luce che non muore.
IV.
Padre, m'odi? Lassù, tra i soldatini
d'Italia, al piombo vigile nemico,
che cadono risorgono rivivono
co 'l cielo della patria nei divini
occhi e la fiamma dei tramonti in core,
tiene il suo posto il terzo mio fratello.
Insonni le sue notti: anche le nostre
trepide, eterne. Eppure è sacro, è bello
questo timor, quest'ansia. Oh triste, triste
chi non la prova o non la proverà!
Si vive, oggi: domani, il ciel su quelli
che non vissero mai, si oscurerà.
La pace eterna a lor dona o signore,
e splenda lor la luce che non muore.
Penne, 2 novembre 1915.
GIOVANNI DE CAESARIS
Per onorare i propri defunti e per ricordarli durevolmente i buoni sanno che cosa bisogna fare.
Il nostro caro e simpatico amico Giovanni de Caesaris, letterato e scrittore di merito, era solito, nella ricorrenza della festa del morti, di fare ornare la tomba di famiglia con fiori e ceri. Quest'anno ha pensato che meglio avrebbe potuto onorare e ricordare il padre suo, iscrivendolo socio perpetuo della Croce Rossa.
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