Scintille di fede
Castellammare A. 6-8 1916
Egregio Direttore,
In queste ore di vibrazione intensa, anche quando ci premono altre idealità, è bene rinvigorire le nostre anime con pagine che ricordano i fremiti di molti anni, quando le falangi sacre del Duce venivano fermate da un ordine, che fu tra le più vigliacche rinunzie.
Il professore Ciro Annovi, direttore della nostra fiorente, per merito suo, Scuola Tecnica, un valoroso insegnante che nella parola forbita e modesta rivela tutta l'intima bellezza del suo animo di esteta e di idealista: figlio di un garibaldino ferito di Bezzecca e padre di un giovane soldato, ferito in guerra, ed entusiasta di quella ferita nell'anniversario di Bezzecca dirigeva la seguente lettera a un glorioso reduce di glorioso cimento, il commendator Alessandro Casella, che conserva ancora nel sangue il fremito eroico di quei tempi ora rinnovellati. Ho dovuto vincere, è la parola, la modestia dell'egregio prof. Annovi, perché potessi pubblicare la lettera, e questa è la causa del ritardo; ma appellandomi a ragioni altissime di fede e di speranza, per cui in questi momenti le persone passano in seconda linea e rimane fervida l'idea nobile e superiore d'Italia, ho potuto ottenere l'invocato permesso, e anche da queste colonne ringrazio lo scrittore egregio del cortese sorriso con cui die' prova di rimanere convinto delle mie modestissime ma sincere parole.
Ed ecco la lettera. Grazie a te, Direttore, della pubblicazione e ricordami.
Tuo aff.mo.
Avv. Vincenzo Ranalli
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Da casa il 16-7 1916
Preg.mo Signor Commendatore,
Permetta a un figlio di garibaldino, che combatté, come Lei, e fu ferito a Bezzecca, confortare, col ricordo di quella storica giornata, la veneranda canizie sua.
Sono 50 anni di questi giorni, che Lei era lassù, baldo giovane, sulla via di Trento! Fortunato chi può dire: Io vi fui. Presso Pieve di Ledro, è vero che la storia narra, che il grosso degli Austriaci fermò le avanguardie della camicia rossa; ma dopo che loro furono tornati, ripiegando, a Bezzecca, la sorte cambiò.
Hang respinse Hiihin. Lei, che vide, Lei, che si batté, mi corregga, perché scopo mio non è di portar vasi a Samo; ma di rievocare, col ricordo a Lei prezioso, l'emozione di quella giornata. La quale fu la più bella di quella campagna, e l'ultima, perché il 25 furono dovute sospendere le ostilità: e Garibaldi, col suo “Obbedisco”, scriveva la più gloriosa vittoria che uno possa mai riportare su se stesso, inchinandosi su tutti e sopra tutti, alla sacra immagine del dovere.
Si era passati a dire: Altri tempi, altri uomini!
Oggi invece loro garibaldini autentici possono giustamente andare orgogliosi, che l'esempio fruttò. «Sangue di martiri fu seme d'eroi.» E lassù la battaglia ferve con lo stesso entusiasmo ch'ebbero loro, i pionieri. E sulle tracce sanguigne dei volontari del “66” si va ritrovando la via di Riva, di Rovereto, di Trento. E che vi giungano presto!
Vivano adunque, più a lungo che si può, gli avanzi eroici dell'armata garibaldina! E vivano per godere del frutto dell'insegnamento che seppero dare. Possa confortar Lei il pensiero, che, non indarno, offrì, come fiore, la vita, la gioventù alla Patria!
Le sia premio la venerazione di noi posteri, e l'imitazione dei giovani che combattono lassù, nelle nozze d'oro della sua Bezzecca.
Annovi
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Ad Alessandro Casella, che negli anni lontani fu per lungo tempo collaboratore stimatissimo del Corriere, giunga il saluto affettuoso e reverente della redazione del giornale!
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