I teramani nella Grande Guerra.
Il conflitto raccontato dalle pagine del Corriere Abruzzese
Anno 1916


Quelli che non muoiono. Antonio Di Oreste

           
           Se il lavoro assiduo e incessante per la compilazione del giornale ci ha fatto tardare ad adempiere al dovere di spargere di fiori la tomba che rinserra le spoglie del maggiore ANTONIO DI ORESTE, comprovinciale amato che seppe crearsi ragguardevole posizione nella milizia e nella società, non dimenticammo mai di dover ricordare su questo foglio le virtù dell'Estinto.
           Lo seguimmo in vita, prevedendo per lui il maggiore avvenire; lo onoriamo in morte, come nella diletta sua patria, Penne, a gara i cittadini han reso gli estremi omaggi alla salma dell'eroe.
           Antonio di Oreste è morto per fare l'Italia più grande, più libera, più potente.
           Prese parte a molti fatti d'arme, e il 18 luglio 1915, nel monte S. Michele, fu ferito gravemente, e per essa ferita ottenne dal governo del Re la medaglia d'argento.
           Nella motivazione si leggeva: «Ricevuto l'ordine di uscire dal trinceramento, ove era appostato con la compagnia, e di recarsi ad occupare una posizione avanzata condusse il reparto con rapidissima mossa, aumentando la resistenza al nemico. Investito dal fuoco di mitragliatrici, e ferito gravemente, continuò a spingere avanti i suoi dipendenti, finché dovette essere trasportato al posto di medicazione».
           Stette tra vita e morte per molto tempo, per dei mesi.
           Quando sembrò che entrasse in convalescenza, fu inviato all'ospedale di riserva G. Garibaldi, in Genova, ove le cure assidue del direttore maggiore Lusena fecero sperare in una guarigione sicura e sollecita.
           Nella prima quindicina del passato maggio essendosi recato a Genova il Ministro Barzilai volle visitare l'ospedale. Avvicinatosi al lettino, ove giaceva il maggiore Di Oreste, salutò con vive parole d'augurio il ferito e s'intrattenne lungamente a parlare con lui!
           Passò dell'altro tempo ancora, ma la sperata guarigione non venne, anzi le condizioni generali dell'ammalato aggravaronsi, finché due settimane dietro egli si spense tra il dolore sincero di quanti in Genova avevano preso ad amarlo.
           Riposi in pace il nostro eroe nella terra che lo vide nascere e che vibrante di speranza, ne seguiva l'ascensione nella carriera delle armi!