I teramani nella Grande Guerra.
Il conflitto raccontato dalle pagine del Corriere Abruzzese
Anno 1917


Valoroso soldato

           
           Montorio al V. 9-5
           Il soldato Ricci Nestore, figlio dell'insegnante Cesare, fatta la campagna libica, emigrò in America, ed allorché avvenne la nostra dichiarazione di guerra, con fede ed entusiasmo prese tosto la via del ritorno per riprendere il suo posto di combattimento. Difatti, nella presa di Gorizia, in una cartolina ai suoi cari scriveva le testuali parole :
           «Se avrò la fortuna di tornare, vi racconterò tante cose belle: per ora vi basti sapere che inseguiamo il nemico come il cacciatore la lepre».
           Ma da quella corsa entusiastica fu disgraziatamente arrestato da una scheggia di granata che lo colpiva nella parte eliacale da costringerlo per oltre due mesi all'ospedale. Uscitone, fu più tardi nuovamente ferito al ginocchio ed obbligato ad un breve allontanamento dal teatro delle operazioni. Mandato poi fra i ghiacciai del Trentino, veniva colto da congelamento ai piedi, ed ora trovandosi nell'ospedale da campo N. 94, scrive la seguente cartolina che vale la pena di riprodurre per dimostrare sempre più lo spirito combattivo dei nostri bravi soldati:
           «Mamma carissima, ieri anch' io spedii un'altra mia a papà, dicendogli di essermi liberato quasi totalmente dalla congelazione ai piedi, e posso dire difatti di sentirmi bene fin da questo momento. Riguardo all' ultima tua, che dici di avermi spedito in trincea, spero trovarla quando rientrerò in compagnia. Inutile intanto sperare per ora la licenza; mi aspetta il nemico non appena uscirò dall'ospedale per partecipare ad una nuova cerimonia».
           La cittadinanza si rallegra col bravo giovane e che fortuna lo assista!