Vittorio Montori
Nel «Bollettino delle ricompense al valore a soldati caduti in guerra» si legge:
Medaglia di argento a MONTORI VITTORIO da Torano Nuovo (Teramo) sottotenente della Milizia Territoriale del 122° Regg. Fanteria. - Con mirabile coraggio si slanciava, alla testa del suo plotone, all'attacco di una trincea che veniva conquistata, mentre poi con lo sprezzo del pericolo si esponeva per resistenza ad un violento contrattacco avversario e cadeva colpito a morte. - Castelnuovo 27 novembre 1915.
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Dopo venti mesi da che il prode Vittorio Montori fece il nobile sacrificio della sua verde giovinezza e del suo lieto avvenire all'amore e alla gloria della Patria, le poche parole, che sono, come dicesi, la motivazione del premio al suo valore, rappresentano nella loro laconica efficacia, l'epicedio magnifico del giovane eroe, l'epicedio dal quale il nostro pensiero ricostruisce lo spettacolo ammirevole, in cui appare con un'aureola di purità infinita la balda figura del giovane ufficiale immolantesi all'ideale della Patria, al sentimento del dovere, fatto in lui indomabile dalla sua educazione e dalla sua coltura.
E dinanzi al nostro spirito, sebbene turbato dalle passioni selvaggie che sconvolgono il mondo, la balda figura di Lui, che nella fiamma ideale del suo entusiasmo, con sereno coraggio si slancia alla testa del suo plotone, passa ancora come una visione, nella quale domina l'atteggiamento del giovane tizianesco. E il nostro spirito a tale visione si acqueta nella commovente ammirazione dopo una lunga penosissima ansia, durata fra le brevi e fugaci illusioni di una trepida pallida speranza e fra lo schianto terribile dell'anima dei suoi, deliranti per il figliuolo bello e valoroso, che sulle prime si disse disperso o prigioniero, e si pensò poi fosse in tragico modo caduto senza che alcuna mano pietosa avesse raccolto i dissipati avanzi del suo lacero corpo.
Era assai amato il buon Vittorio, e come meritava tutto l'amore, più grande!
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Da un anno appena aveva conseguita la licenza liceale d'onore nel Collegio della Querce in Firenze, dove egli era circondato della stima affettuosissima dei superiori e dei compagni. Per un'antica leggiadra usanza, fonte di sana emulazione, in quel Collegio i giovani che si distinguono sono premiati col titolo di principi dello studio, e di loro si conservano i ritratti in un'ampia sala, che sala dei principi viene denominata. Fra i ritratti degli ultimi principi è quello del compianto Vittorio, il quale appariva destinato ad una vita di lavoro e di studio, a conquistare un posto luminoso nella Società.
Così ricco di coltura e di sentimenti, Egli vestì la divisa del soldato, e sottotenente corse ad affrontare le sorti della guerra, che infieriva sul Carso, glorioso eliso, ahi, troppo popolato di generosi spiriti italici. E nelle trincee, che hanno un ricordo sanguinoso nel nome delle Frasche, il buon Vittorio diè prove di ardimento e di valore, finché cadde nella fatale giornata come strappato dalla terra avvolto in un nembo di fuoco devastante.
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Di lui scriveva il maggiore del suo reggimento allo zio maggiore Alberto Montori:
«Il giorno 27 novembre la compagnia di suo nipote Vittorio si slanciava con altre all'assalto di una trincea nemica. Questa venne brillantemente conquistata; però, dopo un violento fuoco di mitragliatrici avversarie, la nostra linea fu costretta a ripiegare. Il plotone del suo Vittorio non tornò, ma tutto fa supporre che sia stato fatto prigioniero col suo comandante. Non le dico il gran dolore provato da tutti gli ufficiali del reggimento per la scomparsa del fratello d'armi, però, ripeto, è convinzione di tutti che egli sia stato fatto prigioniero, perché nessun soldato del suo plotone è tornato in dietro.
Era partito con animo fidente, col sorriso sulle labbra, con la sicurezza della riuscita, con l'augurio del suo nome che porta, con la sua eletta schiera di figli d'Italia.
Non è più tra noi, ma sentiamo ancora dal di là delle nostre trincee il suo vibrante grido di vittoria: Savoia!
Noi ufficiali del 122. Fanteria porgiamo alla famiglia dell'eletto Vittorio l'intima e profonda commozione di dolore: i soldati tutti che lo conoscevano il saluto di rivendicazione».
E più tardi il Colonnello scriveva al padre desolato:
«Lunghissimi giorni sono corsi dalla data nefasta del 27 novembre 1915, in cui il sottotenente Vittorio Montori non fece ritorno fra noi.
Tutti ancor ricordiamo; dapprima, le ore di attesa angosciosa, quando in ogni eco lontana credevamo riconoscere il suo passo, la sua voce; poi lo pensammo prigioniero di coloro che tante volte egli aveva sfidato con ben diversa fortuna, e nulla lasciammo d'intentato per averne notizie; ma oggi, dopo tre mesi, anche quest'ultimo bagliore di speranza ci abbandona e la ragione inesorabile e fredda schianta l'ultima nostra illusione.
Ricordiamo lo slancio ammirevole con cui la sua compagnia cooperò con la brigata Sassari, alla presa delle Trincee delle frasche, dove il suo capitano Morandi cadde eroicamente e il bravo e giovanissimo sottotenente Montori, conscio della grave responsabilità del momento, con serenità e fermezza, ne assumeva il comando.
Noi ufficiali del 122. Fanteria che avemmo campo di conoscere e di apprezzare le preclari doti di mente e di cuore del compagno d'armi, prendiamo viva parte al dolore dei suoi».
E così, l'epicedio, magnifico nella nuda narrazione del gesto eroico, nella schietta esaltazione della bellezza dell'anima del giovine Vittorio, se varrà ad alleviare l'aspra doglia della famiglia e degli amici, risveglia negli animi memori l'implacabile stretta del rimpianto senza fine.
Oh, certo di Lui dopo la lunga angosciosa attesa non resta che il rimpianto senza fine, non restano che le lacrime versate, e che saranno ancora versate, senza consolazione dai suoi, dagli adorati suoi genitori nelle ore tristi della ricordanza, quando l'onore postumo tributato al suo valore, benché legittima ragione di orgoglio, potrà non sembrare conforto adeguato alla grande jattura.
Oh! si davvero che grande, ben grande eri gloria per loro, - Quand'eri vivo; ma ora la morte e il destino t'han preso!
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Anche nell'animo nostro viveva la speranza, alimentata dal nostro caldo affetto per Vittorio Montori; ma la verità triste, fredda è venuta a disperdere le illusioni ed a fugare la speranza: l'amico buono e tenero, il figlio gentile di cari nostri amici, l'ufficiale animoso e forte è morto per la grandezza d'Italia!
Eravamo in molti, qui e in provincia, a credere ch'egli fosse caduto prigioniero. Brutta parola è quella che spesso ricorre nei comunicati ufficiali: Disperso, parola che fa prevedere il triste fato; ma spesse volte, spessissime volte viene la buona notizia: il disperso è un prigioniero che anela di tornare nella dolce Patria, fra le braccia dei proprii!
Ahimè, non è stato questo il caso del nostro Vittorio Montori: egli è nelle braccia della morte fin dal giorno che, al comando dei suoi uomini, animoso corse in faccia al nemico!
Il ricordo del giovane bello, biondo e di gentile aspetto non si discolora, come il cordoglio dei suoi non ha tregua!
Egli adunava in sè tutte le virtù della giovinezza che sa prepararsi alla vita e che vuole distinguersi per fare onore alla famiglia, al paese natio; Egli aveva in sè tanta luce d'intelletto che era destinato a vincere le battaglie della vita; Egli aveva tanto tesoro di affettività da rendersi inobliabile nel cuore di tutti! Ecco perchè la dolce sua figura oggi è più che mai avanti gli occhi della nostra mente, circondata da un'aureola di bellezza radiosa, ed anche morto Egli è vivo in noi, chè bellezza, fortezza, soavità furono doti di persona, di mente, di cuore del nostro Vittorio Montori!
E che Dio conceda agli animi esulcerati del genitori, della sorella, dello zio la dolcezza divina della rassegnazione!
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Popolo e Centrale hanno una matta voglia di acuire polemiche. Non siamo disposti a seguirli: quello che abbiamo detto è detto, e se ne faccia buon succo.
Il caldo enorme invita al riposo ed alla calma dello spirito che auguriamo a tutti, insieme a quella tanta auspicata pace, che ponga fine alla tormentosa bufera della guerra e restituisca tutti gli uomini alle sane e feconde attività del lavoro.
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