I teramani nella Grande Guerra.
Il conflitto raccontato dalle pagine del Corriere Abruzzese
Anno 1918


L'esultanza della provincia per la gloria d'Italia

           
           Per la Vittoria!
           Possiamo ora, si, dare all'anima nostra ogni diritto di proclamare - alto - l'orgoglio della Patria, mentre sventolano i vessilli della Vittoria!
           L'era dei patimenti e dell'attesa è finita: la più nobile ghirlanda cinge la fronte dei nostri eroi! Riconquistate le terre, che il barbarico invasore s'illuse di mantenere in suo dominio, con ogni affusto lo spirito rivolto a Trento e a Trieste non più lontane, la giornata dell'Italia nuova comincia, per virtù dei suoi figli, sotto gli auspici più lieti.
           L'Italia andrà...: andrà al suo destino, che la elesse aralda di ogni civile valore, che l'arma non è imbrandita dall'ardito nostro soldato solo a voto dell'irredentismo patrio, ma anche della libertà del mondo. L'arma benedetta è baciata, nei momenti più aspri del pericolo, con devozione suprema, fu elevata - per vendetta - contro il nemico austriaco e tedesco, vagheggiante una criminosa egemonia in Europa. Ed essa luccicava al sole, difesa dai martiri belgi, bosniaci, serbi, rumeni!
           Poiché questo è il gran decoro del milite italiano: combattere, oltre che per il proprio diritto, per il diritto di tutte le genti! In Francia, come nel 70, garibaldinamente audace e vittoriosa, come anche ora alle Argonne; e in Grecia contro il turco; e in Polonia, in non remoto tempo; e persino nelle Americhe lontane. La tradizione nostra nel confitto che oggi gloriosamente cessa nel trionfo dell'Intesa, ha rifulso di tutta la sua grandezza, e assommato tutti gli eroismi. Lunghe sono state le vigilie, e penose. Possiamo confessare ora, le perenni settimane della passione. Con frontiere mal guarnite, sotto la minaccia di un nemico possente, l'esercito nostro in zona poco agevole alle grandi azioni, ha disciplinato ogni giorno le sue energie, nella più austera volontà del dovere, con una pazienza mirabile - pazienza, antica virtù romana - finché l'attimo segnato per la riscossa non ha affrancato le energie alla vittoria, scatenandole, nella tremenda ansia dell'ardimento, all'irruzione, all'inseguimento e al travolgimento delle truppe nemiche.
           E l'Austria - vinta - ha chiesto l'armistizio. E, dopo l'armistizio, la pace coronerà le aspirazioni nazionali.
           Quando la Storia di questa quarta guerra del Risorgimento sarà scritta, il lettore, che non assistette alla tragedia, ammirerà la incredibile prova morale di forza e di fede di questo popolo nostro, e di questo esercito nostro... E ammirerà, che a malgrado dei lutti e di ogni angustia mentre i successi bellici del «blocco nemico» aprivano il varco a prevenzioni di terrore, ogni casa d'Italia fu un castello, dove, sulla memoria del congiunto morto, la tristezza di vivi pregava la grandezza della Patria.
           Tutta l'Italia fu, infatti, una milizia, che nelle lagrime s'irrobustiva e nella fede emergeva; ogni ora, ogni giorno, fino al giorno preparato e auspicato.
           
           La meravigliosa, alta vittoria che l'Italia ha ottenuto sull'Austria, riuscendo a distruggere in un tempo l'esercito e la compagine politica, è tale avvenimento storico da rendere illustre un popolo a traverso i secoli. Perché non si tratta di un esercito o di un popolo che ne sconfigge un altro, ma di un'opera di giustizia, il compimento di una sentenza divina di cui l'Italia poteva e doveva essere l'esecutrice. L'Austria non è più; questo colosso fondato sulla frode politica e sulla violenza militaresca, che sembrava sfidare i secoli, è caduto. È crollato quando pareva al culmine della sua potenza, un anno dopo una vittoria militare, che doveva schiacciarci, annientarci e ci ha dato invece la forza e la virtù, per renderci strumenti della più gloriosa rivincita che la Storia ricordi, seguito dalla resa più umiliante che ad un popolo ed un esercito vinti sia mai stato imposta dal vincitore.
           Dalla provincia continuano a giungerci gli echi degli entusiasmi e delle feste per il grande avvenimento e noi pubblichiamo, con animo vibrante d'entusiasmo, tanta nobilissima cronaca.

           
           Montorio al Vomano
           Tre anni e mezzo di sacrifìcii, di costanza, di tenacia, ma soprattutto di fede nei destini d'Italia sono stati coronati dalla più grande vittoria che il mondo ricordi.
           Il nostro martirio non poteva avere ricompensa più bella, il nostro valore non poteva ricoprirsi di gloria più fulgida, la nostra fede non poteva risplendere di luce più viva.
           E l'anima della grande Italia, grande nei secoli e nel mondo, ha esultata; i suoi bronzi sacri hanno gettato al vento al di sopra dei monti e dei mari le loro onde sonore, il suo tricolore, fatto di fede, di speranze e d'amore, ha palpitato fin sulle roccie, fin nei boschi, fin nelle plaghe deserte, alla grande improvvisa notizia che la fine di un' era di umiliazioni e di lagrime finalmente è venuta. Venuta con una vittoria senza nome, opera immortale dell'Italia risorta, principio fecondo della nostra redenzione dopo la nostra sanguinosa passione.
           Gloria ai tuoi figli, o Italia, che t'han fatto sì grande!
           Il giubilo generale che dalla città eterna s'è sparso pel tutto il mondo civile, non poteva rimanere estraneo il nostro paese, che ha dato come gli altri, il suo contributo di sangue e di martirio.
           L'esultanza incominciò la sera del 3 corr. quando si seppe che Rovereto era presa, che il Tagliamento era passato, che sulla torre di S. Giusto sventolava il tricolore.
           Fu questa la notizia che, quale scintilla, iniziò il delirio dei giorni seguenti.
           Lo storico comunicato del 4, annunziante lo sfacelo dell'esercito nemico, fu letto da un balcone ad una folla immensa che l'ascoltò con commozione profonda, applaudendo ad ogni periodo.
           Un fremito di giubilo percorse il paese; i balconi, le finestre s'imbandierarono; le campane suonarono a distesa. Le loro vibrazioni si fecero più sonore quando la mattina del 5 giunse la nuova che Trento, Pola e Fiume erano italiane, che Udine era ripresa.
           I profughi saltavano come matti per la gioia, dimenticando d'un tratto le lunghe ore d'angoscia e di sofferenze.
           Il popolo percorse le vie imbandierate, inneggiando all'Italia, alla vittoria. Il corteo era preceduto da un concerto improvvisato che fece risuonare le giulive note dell'inno reale, e quelle infiammate dell'inno di Garibaldi.
           L'Italia, l'Italia che risorge!
           Ma l'entusiasmo raggiunse il delirio quando il mattino del 6 giunse la notizia che la guerra con l'Austria era finita.
           Il sogno, quel sogno che condusse al patibolo i martiri del 20, 21, del 36 del 44, quel sogno strozzato sugli spalti di Belfiore dalla corda d'Asburgo, quel sogno divenuto ideale pel giovane Oberdan impiccato e poi vigliaccamente — in piena luce di libertà — strozzato di nuovo nel castello di Trento, ove Battisti, ed altri lasciarono la vita, quel sogno nato con Dante, nutrito per tanti secoli con tanto sangue e con tante lagrime era dunque raggiunto?
           Oh, veggente Mazzini, Profeta ed Apostolo era dunque tutta l'anima tua trasfusa nell'anima delle generazioni che hanno compiuto l'opera grandiosa da te iniziata? Era la tua fede purissima quella risorta nei cuori dei giovani figli d'Italia perché si avverano col prodigio la tua profezia? Non so, ma in quel momento mi parve che i morti fossero ancora vivi e che ci dicessero attraverso le onde delle campane la loro parola antica e pur nuova ancora sul destino...
           Improvvisamente chiamati da una stessa voce, la voce d'Italia, tutto il popolo si riunì in piazza ove fra Evviva l'Italia e l'esercito si organizzò un corteo promosso dal Sindaco per solennizzare la vittoria.
           Il corteo riuscì imponente. Accanto al gonfalone del Municipio sventolavano le bandiere.
           I simboli del paese e della Patria aprivano il corteo preceduto da un concerto che faceva vibrare le note degli inni patriottici così belli, in quel giorno, così alti nella loro profezia.
           Due veterani, un garibaldino in camicia rossa del 60, ed un militare del 70, entrambi decorati, rappresentavano la gloriosa epopea che fu; ufficiali e soldati in licenza per ferite, rappresentavano la gloriosa epopea che è, il principio e la fine di una stessa opera, la grandezza d'Italia! Alle altre rappresentanze seguiva una folla immensa, delirante.
           Credo, che poche volte Montorio abbia solennizzato così una festa civile.
           Il corteo dopo aver attraversato il paese si fermò sotto il municipio.
           All'ombra del tricolore, con parole calde, dettate da un animo vibrante d'amor patrio, il comm. Martegiani che ha sapientemente governato le sorti del paese in questi anni di crisi, parlò al popolo come si poteva parlare in quel momento.
           Amore e fede ci han dato la vittoria! - Disse. Dopo un inno al valore italiano, dopo un pensiero riconoscente ai caduti, ai martiri, agli eroi inviò con parole commosse un ringraziamento alle madri che han dato all'Italia gli artefici della più grande vittoria.
           Non vi poteva essere pensiero più gentile e nello stesso tempo più educativo in quel momento.
           Sì, le madri italiane han fatto il prodigio; gloria a loro, al loro spasimo nascosto, alle loro lagrime silenziose!
           Tutti gli occhi erano rossi di pianto, i profughi numerosi, il cui animo rinato alla speranza dimenticarono i dolori sofferti, piangevano; piangevano le madri, piangevano le sorelle, le spose. Ma quelle lagrime non eran lagrime d'angoscia, erano lagrime benefiche, irroratrici di una nuova fede nell'avvenire. Ed anche le lagrime silenziose di coloro che hanno dato alla Patria un loro caro, non erano più lagrime di dispersone, ma lagrime di purificazione. Forse sentivano intorno palpitare l'anima di coloro che furono, di coloro che vivranno nei secoli una vita immortale...
           Le parole del Sindaco furono applaudite dal principio alla fine.
           Poi parlò un ufficiale dei mitraglieri alpini ferito sul Piave, già in licenza. Egli ricordò che l'opera grande si chiude col valore italico, tutto italico, e disse che raccogliendoci in noi stessi per una vita migliore faremo si che il sangue degli umili noi sia stato versato invano.
           Finì fra gli applausi col grido di Viva l'Italia!
           Il corteo, quindi, ricostituitosi alle porte del municipio, si diresse al Duomo, dove si cantò solennemente il Te Deum.
           La prima volta che in Italia dopo tanti secoli, si canta il Te Deum per una vittoria militare.
           La funzione riuscì imponente. Accanto all'altare di Cristo, l'altare della Patria; accanto alla croce, il tricolore: due passioni e due redenzioni che insegneranno ai posteri la via di un più alto perfezionamento morale.
           La festa di giubilo, improvvisato non poteva ruscir più commovente. Ciò che va notato è la perfetta armonia di tutto il popolo.
           Quell'armonia è forse un ritmo di una perfezione?
           Quale augurio migliore in questo periodo di gioia di una elevazione morale nella coscienza del nostro paese?
           E non sarebbe un'offesa ai poveri morti, ai gloriosi caduti, il ritorno alle debolezze, ai dì che furono?
           No: sia questo giorno di vittoria il principio di un'era nuova, più pura, più spirituale, non solo per l'Italia, ma anche per la nostra Montorio!
           Dall'alto dei cieli i martiri ci benediranno e gioieranno nel vedere che il sacrificio non fu fatto invano.
           SILVIO SABATINI
           
           Morro d'Oro
           Appena il telegrafo annunciò la presa di Trento e di Trieste, la cittadinanza, che ne venne tosto informata, si riversò subito sulle vie del paese, acclamando entusiasticamente l'esercito valoroso, il generale Diaz, il Re, l'Armata, l'on. Orlando.
           Ieri poi, vi fu una imponente dimostrazione con bandiere, a cui presero parte tutte le autorità cittadine.
           Si acclamò per la prodigiosa vittoria e si gridò evviva gl'intrepidi soldati, ai forti condottieri, al Re, all'Italia, a Trento, a Trieste.
           Il Consiglio Comunale, in segno di festa, sospese la seduta e si aggiornò per sabato prossimo.
           Dinanzi al Palazzo Municipale, ove la folla si raccolse, parlarono con alto sentimento patriottico e con vibrante entusiasmo questo Ricevitore Postale sig. Sperandii Nicola, l'insegnante Paolo Pepe, rappresentante locale delle opere federate, e lo studente di liceo Sperandii Umberto, i quali misero in rilievo la grande vittoria delle armi italiane. Furono tutti acclamatissimi con nuovi «Evviva».
           Dopo di che si andò in chiesa, ove l'ottimo ed egregio Parroco don Giuseppe Tulli celebrò un «Te Deum» di ringraziamento, preceduto da un caloroso e patriottico discorso inneggiante alla vittoria, al sacro vessillo d'Italia.
           Il sig. DI Crescenzo Emidio, padre di un combattente, versò al sig. Sperandii Nicola L. 50, primo fondo per le onoranze da tributarsi qui ai prodi superstiti ed ai caduti.
           Il sig. Sindaco diresse all'illustre capo della provincia il seguente telegramma.
           «Cittadinanza esultante compimento sacre aspirazioni nazionali acclama valoroso esercito, armata, sagacia comandanti, saggezza governo».
           
           Montebello di Bertona
           Anche questo piccolo paese alpestre, non secondo ad altri per patriottismo, ha festeggiato degnamente il 10 la strepitosa vittoria delle nostre armi e il trionfo completo delle nostre idealità.
           Fin dalle prime ore del mattino di detto giorno la festa fu annunziata da numerosi colpi di bombe e da suon di campane.
           Dai balconi, dalle finestre, dai negozi sventolavano le bandiere dal tricolore fiammante: molti avevano il petto ornato della coccarda tricolore.
           Verso le ore 12, terminate appena nella Chiesa Madre le funzioni di ringraziamento, questo sindaco ff. sig. Maurizio dal municipio disse poche parole, visibilmente commosso; poi al pubblico affollatissimo ed esultante, il nostro beneamato ed egregio dottor sig. Falco Ernesto ed il bravo insegnante sig. Falco Italo ferito gravemente sul Carso, tra uno scroscio incessante di applausi pronunziarono due splendidi e commoventi discorsi inspirati ad alti sentimenti patriottici.
           Anche questo esattore comunale lesse un breve discorso.
           La cerimonia ebbe termine fra il suono dell'inno Reale e di Garibaldi del piccolo concerto cittadino e tra le grida di Viva il Re! Viva l'Italia! Viva l'Esercito!
           
           Giulianova
           (F.P.) Qui in Giulianova, la notizia dello sbarco delle nostre truppe a Trieste, la riconquista delle terre invase, calpestate, e conculcate dal secolare nemico, suscitarono una esplosione di giubilo. Domenica a sera, 10, in un baleno si propalò la presa di Trieste e fu un accorrere incessante al telegrafo e in pubblici ritrovi per sentire con le proprie orecchie la nuova della strepitosa, inaspettata comunicazione!
           S'improvvisò una calda dimostrazione, che più bella, indimenticabile, imponente si ripeté il successivo lunedì.
           Sulle mura della città, della spiaggia, dei dintorni si leggevano i motti W. l'Esercito glorioso W. Trieste Italiana! W. L'Italia!
           Alla sera, in lungo corteo, l'intera cittadinanza, le autorità - con in testa il concerto musicale - si mosse dal Municipio per deporre una corona d'alloro sul monumento a Vittorio Emanuele II. nonno del nostro duce Re Vittorio Emanuele III, che a buon diritto devesi chiamare il «Re liberatore».
           Parlò il Sindaco, applauditissimo, inneggiando alla conseguita grandezza della Patria nostra, per le gloriose armi del nostro valoroso Esercito. Un uragano d'applausi suscitò la lettura del Comunicato di S. E. Diaz.
           Sino a tarda ora le vie furono animatissime, anche perché le uggiose, lunghe sere di fitte tenebre son cessate con gli Absburghi.
           Da un'intera settimana dalle finestre, sventola il tricolore vessillo.
           

* * *


           Caro Corriere, Concedi a me questo po' di spazio nelle tue colonne, una volta che il tuo corrispondente ha taciuto, come del resto son restati muti anche quelli dei quotidiani. (F. P.)
           
           Pianella
           L'entusiasmo della cittadinanza è al colmo per le notizie che giornalmente giungono delle vittorie delle nostre armi, dell'armistizio concluso con l'Austria-Ungheria e di quello che si sta concludendo con la Germania. Il paese è tutto imbandierato, le campane suonano a festa, tuonano spesso i mortaretti e la popolazione acclama i nostri soldati di terra e di mare, la vittoria completa degli alleati!
           Per la occupazione di Trento e di Trieste, vi fu un imponente corteo a cui parteciparono le autorità, il sodalizio operaio con bandiere, il concerto cittadino ed una grande calca di popolo, che al suono di inni nazionali, mosse dalla Piazza del mercato, percorse le principali vie della cittadina e sostò in Piazza Garibaldi ove, dal balcone del Circolo di Conversazione, parlarono con grande commozione e spesso applauditi il maestro sig. Antonio di Basilio presidente della Società operaia ed il Sig. Vincenzo Tribuzii Direttore didattico, esaltando l'eroico ardire dei nostri soldati e dei nostri marinai che hanno ridonato all'Italia i termini sacri segnati dalla natura e dalla storia, sogno dei nostri padri avveratosi dopo lunghe e aspre lotte.
           
           Loreto Aprutino
           In Loreto Aprutino si sono avute manifestazioni entusiastiche per l'ottenuta vittoria, che significa fine della guerra e ritorno all'opere di pace. Hanno parlato al pubblico Achille Brandolini, Settimio Iezzi, Zopito Valentini. Mancanza di spazio ci vieta pubblicare una lunga corrispondenza pervenutaci da un giovane nostro amico, che ci scuserà.
           
           Colledara
           In ogni città, in ogni lembo d'Italia l'anima Nazionale è esultante per la completa e vergognosa sconfitta degli aborriti nemici per il trionfo immortale del diritto e della giustizia.
           Anche Colledara, il più ridente paese di questa bella vallata d'Abruzzo, festeggia con crescente entusiasmo il lietissimo evento. Riunioni di eletti amici, soires musicali, discorsi patriottici affratellano più fortemente quanti già si amavano nell'ora dell'attesa angosciosa, ma piena di speranze. La rispettabile famiglia Romani è fra le più ospitali. I fratelli Lilla e Abelardo Tripoti fanno spiritualizzare per la loro musica divina.
           D. Ettore Tattoni e D. Giustino Romani, nati col dono della parola affascinante, si fanno sempre sentire con non mai appagato desiderio.
           Festeggiatissimi i sigg. Ufficiali capitano Tulli, tenente Flamminii, tenente Tripoti, telegrafisti Fanelli Guido e Giacinto, verso dei quali la più schietta simpatia è espressa dal sig. sindaco, farmacista Giuseppe Romani, dal sempre gentile D. Giustino Romani, dalla stimatissima sig.ra D. Annina e dalla sig.na Giuseppina.
           Nella festa più cordiale e brillante notati anche i sigg. Ernesto Fanelli, segretario Comunale, Oreste Di Odoardo e Filippo Di Sabatino, le distintissime sig.re Gaetana Tripoti, Luciana D'Antona-Di Odoardo, le sig.ne prof.ssa Ida Fanelli, proff.ssa Angiolina Di Odoardo, Giselda, Teresita Di Odoardo e Rosa Ciancaglione.
           Dopo quattro anni di ansie è giusto, è umano che miti gioiscano per tanta gloria e per così promettente vittoria.
           Primo pensiero della lieta brigata è stato di telegrafare al cav. Luigi Tripoti nei seguenti termini:
           «A voi venerando nobilissimo superstite battaglie indipendenza vola nostro pensiero esultante vittoria armi italiane. Pensiamo che immensa è gioia vostra».
           
           Canzano
           Molto entusiasmo nella cittadina gentile. Hanno parlato il Sindaco dott. Nicola Franchi, il medico-condotto Franchi Salvatore, l'Assessore Torioni presidente della Congregazione di Carità, avanti al folto e vibrane pubblico, applauditissimi.
           Nella chiesa matrice il parroco D. Serafino De Martinis, prima del Te Deum, disse un nobile discorso. Furono inviati telegrammi alle autorità!
           
           Spoltore
           Domenica 10, la cittadinanza di Spoltore fece una dimostrazione patriottica in cui vibrò il più caldo entusiasmo per la presa di Trento e Trieste. Un numeroso corteo percorse le vie della cittadina imbandierata; poi si recò nella Chiesa Parrocchiale per assistere al solenne Te Deum e per ascoltare il rev.mo Prevosto che disse un alto discorso celebrante la grandezza dell'avvenimento. Furono inviati telegrammi gratulatorii.
           
           Città S. Angelo
           Siamo costretti a riassumere anche la corrispondenza pervenutaci da Città S. Angelo.
           Gran concorso di pubblico in città per la festa della vittoria. Hanno parlato il prof. Rosolino Colella, il Sindaco, l'avv. Luigi Innamorati, il maestro Ritucci, fra gli applausi più generali e sentiti.
           La pubblica sottoscrizione pel festeggiamento, fatta a cura del Pretore Iacobucci e del rag. Martino ha fruttata una cospicua somma.
           
           Civitella C. N.
           Grande entusiasmo pel raggiungimento delle alte idealità nazionali, ed uno l'augurio: che tornino terra italiana tutte le terre ove palpita l'anima di Roma e risuona il dolce italo accento.
           In Civitella si è festeggiato tanto più nobilmente la vittoria in quanto essa è stata incentivo ad acquistare cartella del Prestito. Come ieri il denaro servì a forgiare la vittoria, così oggi occorre per ricostruire e costruire le vie della produzione.
           
           Corropoli
           (v.). La festa di ieri, 12, per la vittoria delle nostre armi, coronata dalla redenzione delle due sorelle latine, Trento e Trieste, è riuscita grandiosa, commovente, entusiastica. Organizzata dal Comitato attivo e intelligente dei giovani studenti Angelo Scaramazza? Giuseppe Vallese, Francesco Ruggieri e Giovanni Tomassetti, che tutti compresi del sacro ideale di patria, hanno vinto ogni ostacolo per la buona riuscita, essa è stata lo scoppio irrefrenabile di mille cuori che, avendo nutrito in seno per quattro anni le più dure e spietate ansie, hanno visto finalmente spuntare l'alba sospirata curvantesi con carezzevole sorriso a rischiarare le menti oppresse volte là, dove il destino preparava il grande trionfo per la causa della civiltà. Sotto un cielo purissimo inondato da un sole primaverile che frangeva ogni nebbia all'orizzonte e all'anima, il concerto musicale di Campli con inni patriottici rallegrò la cittadinanza, riversatasi fin dal mattino, anche dalle campagne, in piazza Concezio Rosa, tutta avvolta nei vividi colori delle bandiere nazionali e alleate, dal pinnacolo del campanile fluttuante nella gloria del sole agli sbocchi delle vie, dove si stendevano strisce luminose di cento bandierine di carta crepitanti come fremiti salienti dalle anime rinnovate. Alle ore 15 cominciò a ordinarsi sotto i portici dinanzi alla Casa Comunale, il corteo che venne sempre più ingrossando fino a che tutta la piazza rigurgitò. Precedevano le bandiere nazionali e alleate agitate dai profughi veneti e trentini al grido fragoroso gagliardo d'interminabili evviva, seguivano il concerto musicale, i mutilati e i feriti di guerra con bandiera e con una corona d'alloro, omaggio ai caduti, portata dai feriti Guglielmo D'Angelo e Innocenzo Persiani, il Consiglio Comunale con a capo il Sindaco Cav. Gennaro Flaiani, la colonia dei profughi di Telve di Sopra col loro curato Don Ermenegildo Dal Maso, anima di veri schietti ardenti sentimenti italiani, il Capitano Medico Dott. Mauro Montano, sanitario interino del nostro paese, il Direttore Didattico Gaetano Ruggieri coi maestri e poi una folla interminabile di uomini, donne e fanciulli, sul petto dei quali tutti brillava la coccarda tricolore. Il corteo entrò in chiesa, dove fu cantato il Te Deum, quindi percorse tutte le vie del paese tra il delirio della folla e gl'inni della banda, e infine sostò in Piazza. Da una terrazza pavesata dei colori nazionali parlò prima il Sindaco cominciando con voce commossa, che vibrò poi come fiamma al vento, salendo la gamma dei sentimenti più nobili, più belli, più cari penetranti nelle anime di tutti i cittadini pieni gli occhi di lacrime, e scroscianti in fragorosi applausi, quando la gloria dell'apoteosi italiana nella vittoria conseguita e quando l'ala infuocata della sua parola passò sul volto dei mutilati e feriti di guerra, da cui il Cav. Flaiani era circondato. Seguì il curato di Telve di Sopra (Trento) don Ermenegildo Dal Maso, che ricordando alcuni spunti della sua vita collegiale, repressa dall'odio austriaco in ogni piccola manifestazione di attaccamento alla Madre Italia, si diceva felice di aver visto l'alba di questo giorno, in cui le catene cadono e il cuore può contare liberamente l'amore al suolo, il cui fiammante vessillo fin ora giovine dovesse nascondere sotto le vesti scrutate dall'occhio bieco poliziesco dei segugi austriaci, ed oggi può sventolare ai venti come segnacolo di civiltà. Fu accolto da vivissimi applausi. Parlò poi brevemente, a nome del Comitato, lo studente in Ragioneria Giuseppe Vallese, che con alato inno movendo dalle grandezze di Roma antica risalì il corso della latina civiltà fino a Cesare Battisti, vendicato nella sua fede e nel suo amore per l'Italia. Chiuse il ciclo dei discorsi Bressolin Emilio a nome dei profughi veneziani, ringraziando la cittadinanza corropolese per la generosità dimostrata durante il loro soggiorno in terra d'Abruzzo.
           Furono spediti telegrammi a S. M. il Re, alle LL. EE. Orlando, Diaz, De Vito, e poi il corteo si sciolse tra le rinnovate manifestazioni di entusiasmo della folla plaudente e le vibranti note del concerto musicale.
           La giornata terminò a notte inoltrata con un bombardamento, opera del pirotecnico, nostro valoroso concittadino, Alfonso Anastasi.
           Ed ora aspettiamo i nostri cari che torneranno carichi di gloria dai campi della morte, donde spuntò la vita della nostra patria oggi abbiamo esaltato la loro vittoria, domani esalteremo con maggiore splendore il loro nome scritto nella pagina d'oro della storia di nostra gente.