I teramani nella Grande Guerra.
Il conflitto raccontato dalle pagine del Corriere Abruzzese
Anno 1918


Quelli che non muoiono. Danesi Roberto

           
           «Danesi Roberto da Teramo, Sottotenente complemento reggimento artiglieria da montagna. - Mentre rispondeva al violento bombardamento nemico con un efficace tiro diretto sulle trincee avversarie, rimasto gravissimamente ferito dallo scoppio di una granata, che poche ore dopo lo condusse alla morte, incurante di sé e dominando con eccezionale forza d'animo il dolore delle ferite riportate, ebbe ancora nobili parole d'incitamento a quanti lo avvicinavano, mirabile esempio fino all'ultimo di alto sentimento del dovere. - Dente del Pasubio, 24 agosto 1917.»
           Con questa motivazione al Sottotenente Roberto Danesi, veniva assegnata la medaglia d'argento al valore. -
           Non che il merito di una persona o l'elevatezza delle sue opere si misuri e si valuti dalle onorificenze, siano esse croci o commende, che le vengono decretate, nè tanto meno che il valore di un soldato si mostri dalla medaglia d'oro, d'argento o di bronzo di cui il suo petto si fregia, ma oggi che la patria riconoscente ti assegna il premio degli eroi, oggi più che mai il mio pensiero a te si volge, o Roberto Danesi, vive nel ricordo del passato, e s'addolora nella infinita tristezza della realtà.
           Quanto strazio nella tua tragica fine, povero e caro amico, quanto dolore in quelli che sinceramente ti amarono, quanto sconforto in chi ammirò in te l'elevatezza del tuo ingegno già forte di studi, l'infinita bontà del tuo animo sempre aperto ad ogni nobile sentire.
           Ma io non voglio qui rinnovare l'angoscia nel ricordo del tuo martirio, nè ripensare neppure per un istante allo strazio indicibile delle sedici lunghissime ore che precedettero l'ultimo tuo respiro, quando il tuo corpo, orribilmente mutilato, visse tra la vita e la morte lontano dalla madre lassù in un piccolo biancoletto di un ospedale da campo. Io voglio richiamarti al mio pensiero e vederti ancora cogli occhi della mente nei momenti più belli della tua vita che non conobbe la sera, negli attimi fuggenti in cui la gioia di vivere più lieta ti brillò nell'accesa pupilla.
           Affinché intorno al tuo nome morto, o Roberto, si effonda ancora un alito di vita.
           Perchè nel tuo animo buono che non racchiuse che purezza di affetti, tu sapesti concepire anche la vera amicizia, ed io mi fui uno di quei pochi che da te furono eletti in questa seconda fraternità di ideale e di pensiero. E divisi con te le piccole gioie e i leggeri accoramenti che si seguivano con alterna vicenda, e insieme ci sussurrammo ogni intimo pensiero, ogni più geloso segreto, affinchè l'uno potesse leggere nell'animo dell'altro come nel proprio.
           Così vissi per molti anni della tua stessa vita, ed ebbi agio di ammirare in te la bontà infinita del tuo animo, l'elevatezza non comune del tuo sentire.
           Dicono i falsi sentimentalisti - poeti senza cuore - che sui caduti eroi non si piange. Ecco: se le lagrime fossero manifestazione di debolezza - ora che di fortezza d'animo più che mai s'abbisogna - o il segno esteriore di un'umana viltà, questo potrebbe anche esser vero; ma quando esse sono l'espressione del più puro affetto, del più sincero rimpianto di una madre che non trova conforto al suo santo dolore, che è pur sempre dolore anche se il figlio è morto per la patria, di un padre che vede deluso ogni suo disegno, ogni sua speranza riposta sul figlio che pur ora si affacciava alla vita, di un fratello, di un amico, io penso che quelle lagrime buone siano un doveroso tributo di affetto e di gratitudine verso quei poveri morti che per la nostra salvezza offrirono alla Patria senza esitazione e senza rimpianto la loro giovinezza eroica, il fiore più bello che potessero darle.
           E per questo io non mi vergogno delle mia lagrime, povero e caro amico, e con infinita tristezza ti rendo questo omaggio di affetto, come se mi recassi in ispirito lassù, nella calma serena del piccolo Cimitero di Streva di Vallarsa, a posare un pallido fiore di Ottobre sul bianco marmo ove è inciso il tuo nome.
           Mario Marchetti