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L'Ultima Dimoraa cura di Federico Adamoli |
prefetto, Teramo (2-8-1882). Con l'animo affranto dal dolore più vivo annunciamo la improvvisa morte del r. prefetto di questa provincia comm. Lipari. Questa notizia, corsa già per i fili del telegrafo ed appresa da tutti con rammarico profondo, si sparse triste e repentina per la città nel mattino di domenica, gettandola nella più profonda costernazione. Imperocché non si esagera dicendo che ormai Teramo si era abituata ad avere in Angelo Lipari un altro distinto cittadino, sul quale si poteva contare in ogni occasione. Tutti lo amavano, tutti simpatizzavano con lui, specialmente nella classe artigiana, dove per i suoi modi amorevoli, per i suoi sentimenti democratici, raccoglieva grande popolarità. Più d'un artigiano abbiamo visto farsi triste al luttuoso annuncio! Patriota di vecchia data, di sentimenti schiettamente liberali, anticlericale convinto, funzionario integro e solertissimo, galantuomo di modi distinti, oratore facile e forbito, di tatto finissimo nel dissimpegno delle più delicate sue funzioni - queste qualità egregie lo rendevano a tutti caro, a tutti prezioso. Non v'era operaio, non v'era povero che uscisse dal suo gabinetto senza un conforto ed un aiuto: ma quando vedeva ed udiva parlare di patrioti caduti in misero stato, aveva lampi di ira nobilissima contro l'ingiustizia umana!... Era nato in Roma nel 1825, e si può dire che tutto deve a sé stesso. La sua carriera amministrativa cominciò il 16 dicembre 1848, quando il nuovo Governo di Roma lo nominava scrittore presso i due Consigli deliberandi, e nell'anno seguente presso l'Assemblea costituente. Caduta la Repubblica romana, ed instaurato il Governo pontificio, fu pria processato ed incarcerato, e poscia emigrò in quel Piemonte, ricovero dei patrioti di ogni angolo d'Italia. La sua vita
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